Delitto di Garlasco, la sentenza di condanna per Alberto Stasi: tutti i dettagli

Delitto di Garlasco, la sentenza ai danni di Alberto Stasi: quali sono le motivazioni che i giudici hanno allegato alla condanna.

L’omicidio di Chiara Poggi nel 2007 ha sconvolto l’opinione pubblica per la violenza con la quale è stata uccisa la ragazza. Si trattava di una commessa di 26 laureata in Economia che è stata massacrata con un oggetto contundente mai ritrovato. Gli inquirenti ritengono possa essersi trattato di un martello. A chiamare i carabinieri di Garlasco è stato il fidanzato della giovane, Alberto Stasi. L’allora studente della Bocconi ha dichiarato di averla trovata morta e di non sapere cosa fosse successo. La sua versione dei fatti, però, non ha mai convinto gli investigatori.

A fare sospettare di Alberto c’era il fatto che quando i militari sono giunti sul luogo, lui non aveva alcuna macchia di sangue sotto le scarpe, come se le avesse pulite, e nemmeno nei vestiti, come se li avesse cambiati. Per la dinamica che Stasi ha raccontato, secondo gli inquirenti era impossibile che non ci fosse alcuna traccia di sangue sui suoi abiti. Il ragazzo è stato quindi arrestato come sospettato dell’omicidio di Chiara Poggi il 28 settembre del 2007 (un mese e 15 giorni dopo la morte della ragazza).

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Delitto di Garlasco: la condanna per Alberto Stasi

Sebbene l’accusa ritenesse lacunoso il racconto di Stasi e dubbio il fatto che sui suoi abiti non ci fossero tracce di sangue della fidanzata, l’imputato è stato assolto nella sentenza di primo grado per mancanza di prove e lo stesso verdetto è stato emesso dalla Corte d’Assise d’Appello di Milano nel 2011.

L’assoluzione è stata annullata a sorpresa dalla Corte di Cassazione: secondo la Corte Suprema, infatti, non c’erano sufficienti prove per stabilire la colpevolezza o la non colpevolezza dell’imputato. Tuttavia preferì annullare il proscioglimento per poter analizzare ulteriori prove: tra queste l’analisi del DNA del capello trovato tra le mani di Chiara e quello delle tracce trovate sotto le unghie.

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Il processo bis

Nel processo di appello bis, Stasi viene condannato nonostante le nuove prove del DNA non dessero riscontri. Tramite una perizia della camminata del giovane all’interno della villetta, è stato confermato che sarebbe stato impossibile per lui non macchiare al meno le suole del sangue della vittima. Il giudice decise dunque per una condanna a 24 anni di carcere per omicidio volontario, ridotta a 16 anni grazie al rito abbreviato. Il 12 dicembre 2015, dopo un primo rinvio, la Cassazione ha confermato la sentenza di condanna a 16 anni di reclusione.

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Queste le motivazioni:

  • Chiara Poggi è stata uccisa da una persona con la quale aveva molta confidenza e l’ha fatta entrare in casa.
  • Stasi era il fidanzato, conosceva la casa e le abitudini della vittima e possedeva una bicicletta da donna nera che corrisponde alla descrizione di quella indicata dai testimoni.
  • Il suo racconto è incongruente con le prove trovate sulla scena del delitto e sui suoi abiti.
  • Ha omesso il possesso di una bici da donna, il che fa pensare ad un omissione volontaria poiché consapevole dell’importanza di tale elemento.
  • Sul dispenser del sapone è stata trovata solo l’impronta del suo pollice.
  • Sui pedali della sua bici sono state trovate copiose tracce di DNA di Chiara Poggi
  • L’aggressore indossava scarpe n°42, la stessa taglia di Stasi, e lo studente possedeva delle scarpe della stessa marca.

Dopo la condanna i difensori di Stasi hanno chiesto una revisione della sentenza che è stata rigettata il 23 giugno del 2020, con la seguente motivazione: “Gli elementi fattuali che si vorrebbero provare con le prove nuove non sono stati comunque ritenuti idonei a dimostrare, ove eventualmente accertati, che il condannato, attraverso il riesame di tutte le prove, debba essere prosciolto, permanendo la valenza indiziaria di altri numerosi e gravi elementi non toccati dalla prove nuove”.

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