Marco Giallini, incidente gravissimo in moto: coma e fratture multiple

Marco Giallini, nel 2007 vittima di un gravissimo incidente in moto: si è ripreso in tempo record, ma è stato un miracolo.

Marco Giallini è famoso per essere l’attore interprete del vicequestore Rocco Schiavone e del Terribile nella serie tv “Romanzo criminale”. Ma prima di raggiungere il successo in televisione Giallini ha fatto numerosi lavori, molto lontani dal mondo del cinema: è stato imbianchino, per esempio, e ha consegnato bibite a domicilio per un po’. Nel 2007 è stato vittima di un incidente terribile che l’ha quasi ucciso, ecco cosa è successo.

Marco Giallini, l’incidente in moto nel 2007

Oltre al cinema, la più grande passione di Marco Giallini sono le moto: un amore ereditato dal padre, e l’attore ne possiede tre. Era in sella a una di queste quando nel 2007, poco prima dell’inizio delle riprese di “Romanzo Criminale”, soffrì un gravissimo incidente: ne uscì vivo ma in coma, con più di 50 fratture in tutto il corpo. Il medico disse che ci sarebbe voluto almeno un anno per tornare a camminare, ma dopo 90 giorni Giallini si è ripreso.

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Marco ha raccontato con parole sue la terribile vicenda, spiegando tutti i dettagli di ciò che è successo a novembre del 2007: “Sto guidando la mia moto. La macchina che mi precede sfiora il paraurti di un camion e si ribalta. Provo a evitarla e mentre stringo le dita sul freno, due secondi prima dell’impatto, capisco che sto morendo”. Giallini ha davvero creduto che sarebbe morto: “Quando sei più di là che di qua rivedi tutta la tua vita passare in un istante”. Ma in 90 giorni è riuscito a riprendersi quanto bastava per tornare sul set e riprendere a lavorare: “Sul set di Romanzo criminale ero pieno di antidolorifici e mi reggevo in piedi a stento. Avevo un corpo martoriato”. Ancora adesso all’attore capita di soffrire le conseguenze dell’incidente, ma ha imparato a conviverci: “Ogni tanto, tra gambe, polso e braccia, mi si addormenta ancora tutto. La chiamano parestesia, ma ci vivo bene. Così bene che non ne potrei quasi fare a meno. […] Quello che mi è successo in fondo mi riporta alla mia natura: stare sempre all’erta. Se ti distrai, è finita. […] Questa storia per prima cosa mi ha insegnato che poteva succedere anche a me. Che non ero immortale e non ero neanche Dio. […] Poi, una volta superato il pericolo che il cuore, con tutte quelle emorragie interne, non reggesse, mi dissi un’altra cosa: che, anche se sfortunatamente non ero io, Dio doveva esistere per forza”.

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