Sami Modiano, chi è la moglie Selma Doumalar: la loro storia

Selma Doumalar è da 62 anni la moglie di Sami Modiano, sopravvissuto allo sterminio nazista e uno degli ultimi testimoni della Shoah. Ecco tutto quel che c’è da sapere su di lei. 

Da ben 62 anni Selma Doumalar è la moglie di Sami Modiano, uno degli ultimi testimoni della Shoah, un “orrore che non può e non potrà mai dimenticare e che ancora oggi io non ho saputo e potuto vedere nel profondo”, dice. Conosciamola più da vicino.

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L’identikit di Selma Doumalar

Selma Doumalar aveva solo 13 anni la prima volta che incontrò Sami Modiano ed era poco più che adolescente quando lo sposò 3 anni dopo, nel 1958, nel Congo belga. “Ero praticamente ancora una bambina e con lui sono cresciuta – racconta -, con un uomo che mi ha tanto rispettata e amata e al quale io ho cercato e cerco di alleviare parte della sua sofferenza che è indicibile e che gli fa guardare alla vita in un modo completamente diverso da chi quel dramma non lo ha conosciuto e sperimentato”.

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Il loro primo incontro avvenne a Rodi, dove entrambi erano nati e dove lei viveva con i suoi genitori e tre fratelli e dove lui tornò per la prima volta solo 10 anni dopo la liberazione da Auschwitz. “Per un decennio dopo la fine della guerra – ricorda Selma –, Sami si trasferì per lavoro in Africa”. Anche la famiglia Doumalar, di fede ebraica per parte materna, visse l’esperienza della “persecuzione durante il secondo conflitto mondiale ma senza la deportazione: riuscimmo a scampare e ci rifugiammo per oltre 9 mesi nei boschi sulle montagne, che mio padre conosceva bene perché era un esperto raccoglitore di funghi”. Lei allora aveva solo 4 anni e ricorda poche cose, tra cui “il freddo dentro alla grotta dove abitavamo e dove mamma cucinava poche erbe commestibili e le lumache, accendendo un piccolo fuoco solo all’interno perché fuori il fumo poteva essere individuato e farci scoprire, il che equivaleva a essere fucilati immediatamente”.

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Fu proprio Selma nel 2005 a convincere Sami Modiano a partecipare agli incontri di testimonianza nelle scuole e ai viaggi della memoria organizzati ad Auschwitz e Birkenau per gli studenti. Prima di allora lui “non mi aveva mai raccontato nulla della sua terribile esperienza e quando gli facevo delle domande mi pregava di non continuare perché era troppo doloroso per lui”. Ma una volta “mi spiegò che quando, anni prima, aveva cercato di parlarne, alcune persone che lo ascoltavano avevano fatto dei segni come a dire che fosse matto”, per cui aveva deciso di non esternare più la sua sofferenza.

Poi, in un’intervista televisiva, Sami Modiano riconobbe il suo vecchio amico e compagno di prigionia ad Auschwitz Pietro Terracina, e “dopo averlo incontrato a 60 anni di distanza dalla deportazione, valutò concretamente la possibilità di unirsi a lui nell’esperienza dei viaggi e degli incontri coi giovani”. Così, da 15 anni a questa parte Selma accompagna il marito in ogni esperienza di testimonianza e commemorazione, sostenendolo e confortandolo: “Sami soffre ogni volta nel ricordare perché per lui è come rivivere tutto – spiega – ma sente questo impegno come un dovere morale e una missione che danno senso e significato al suo essere l’unico sopravvissuto alla Shoah della sua famiglia”. “Sami non è mai uscito dai campi di sterminio, una parte di lui continua a vivere lì dentro” aggiunge, e quella che riesce a raccontare è solo “una minima parte della sua storia”. La speranza è che possa “essere un dono per le coscienze dei giovani che ama e nei quali ha tanta fiducia perché saranno i testimoni di domani”.

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