Agitu Gudeta, chi è la donna trovata morta in casa in Trentino

Agitu Gudeta è stata uccisa a colpi di martello mentre si trovava in casa: scopriamo chi è l’attivista deceduta nelle scorse ore.

La morte di Agitu Gudeta ha causato una forte commozione nella comunità di Frassilongo, nella valle di Mocheni, in cui risiedeva da diversi anni e della quale era un membro attivo e produttivo. A scoprire il suo cadavere è stato un uomo con il quale Agitu aveva un appuntamento ieri pomeriggio. Quando la donna non si è presentata, questo è entrato nella sua abitazione e l’ha trovata distesa sul letto priva di vita e con evidenti ferite in tutto il corpo.

Immediata la richiesta di soccorso e la denuncia del ritrovamento ai Carabinieri della zona. I militari hanno recintato la zona ed effettuato i rilevamenti utili a scoprire l’aggressore che le ha tolto la vita. Si pensa che l’arma del delitto sia stata un martello, utensile ritrovato dagli inquirenti durante la perlustrazione della proprietà. Al momento l’unico sospettato è un giovane di origini africane che lavorava nell’azienda della donna.

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Agitu Gudeta, chi era la donna uccisa in Trentino

Nata e cresciuta in Etiopia, Agitu Ideo Gudeta aveva solamente 42 anni. Dal suo Paese natale era scappata a causa della guerra e dopo una traversata nel Mediterraneo aveva chiesto ed ottenuto asilo politico in Italia. La giovane donna aveva raccontato di come lo stesso governo Etiope l’avesse minacciata di morte. Una volta accolta, la ragazza si è messa subito all’opera per integrarsi nella nuova comunità ed esserne un membro produttivo e funzionale.

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Nel giro di qualche anno ha avviato un allevamento di capre, salvando dall’estinzione anche alcune razze autoctone del Trentino. Un impegno che le aveva fatto ottenere un riconoscimento da Legambiente. Grazie al lavoro svolto nell’allevamento La Capra felice, Agitu era riuscita ad aprire anche un caseificio. La donna era ritenuta da tutti un esempio felice di integrazione, ciò nonostante in passato era stata vittima di aggressioni e minacce. Ad inizio 2020 un uomo è stato condannato a 9 mesi di carcere proprio per quell’episodio.

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