Covid, in Italia la seconda ondata ha causato più morti della prima

La percezione generale è che questa seconda ondata di covid sia stata meno pesante, ma i numeri dei decessi dicono il contrario.

Ancora oggi c’è chi protesta contro il governo per la decisione di stabilire un lockdown su tutto il territorio nazionale per le festività natalizie. Il problema è che a farlo non sono solamente i negazionisti, ma anche chi ritiene che i dati non siano preoccupanti e che questa seconda ondata sia stata più blanda della prima. Se è vero che ogni 100 contagi in questo periodo sono morte lo 0,8% delle persone contro 1,2% del periodo marzo-aprile, è anche vero che il numero dei contagiati è quasi il doppio: 4,5 milioni di persone contro le 2,3 milioni della prima ondata.

Con simili numeri era quasi scontato che sarebbe salito anche il numero dei decessi. Infatti già oggi il numero dei morti di questa seconda ondata è più alto di quello della prima: siamo arrivati a 33.731 contro i 33.415 del periodo febbraio-maggio. Un numero, quello delle vittime, che è destinato a salire ancora, visto che giornalmente muoiono centinaia di persone (ieri 415). Se a marzo inoltre il contagio era soprattutto in Lombardia, Piemonte, Emilia e Veneto, in questa seconda ondata si è diffuso su tutto il territorio nazionale. Non è un caso, infatti, che sia aumentato anche il picco di ricoveri giornalieri: durante la prima ondata fermo a 29.010 e durante questa seconda ondata salito a 34.697.

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Covid, questa situazione poteva essere evitata?

Sin dall’inizio della pandemia il comitato tecnico-scientifico ha avvertito il governo della possibilità concreta di una seconda ondata di contagi. A marzo era stato stabilito infatti che si mettessero in campo degli accorgimenti utili a far sì che il sistema sanitario fosse pronto a gestire la seconda ondata e limitare i danni. In primo luogo non si è dato ascolto al Cts riguardo alla necessità di un protocollo unico per l’assistenza a domicilio. I tecnici lo hanno richiesto lo scorso 16 marzo ed una prima bozza con le linee guida per i medici di base è giunta solamente il 16 novembre. Era necessario aumentare il numero di medici di base e abbassare il massimale dei pazienti per ciascun medico, invece è stato fatto il contrario, innalzandolo per ogni medico poiché non si trovavano dottori.

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Insomma la prima linea di contrasto al Covid si è trovata nuovamente inerme ad affrontare la pandemia. Lo stesso dicasi per il personale medico negli ospedali. Se nella prima ondata sono stati impiegati i giovani, in questa seconda i giovani sono stati bloccati in favore di medici in pensione pronti a dare una mano. Un errore di valutazione è stato fatto anche per le terapie intensive: a fine prima ondata era stato portato ad 8.421 il numero posti letto, ma durante l’estate non è stato mantenuto. C’era la convinzione di poterli attivare rapidamente, ma ci sono voluti due mesi per riportarlo ai numeri di fine prima ondata (oggi sono 8.621).

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Infine c’è stato un ritardo nella risposta. L’Italia è stato il primo Paese ad ammettere di non poter più fare il tracciamento dei contatti. Era l’inizio di ottobre e significava che la curva dei contagi stava salendo a tale velocità da rendere impossibile contenerla. A quel punto bisognava prendere delle misure drastiche, ma il sistema a semaforo ideato dal governo e dal Cts è entrato in vigore solamente un mese dopo.

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