Alberto Genovese, la confessione della vittima: “Ho avuto paura di morire”

Intervistata dal Corriere, la vittima che ha denunciato lo stupro di Alberto Genovese ha raccontato cosa è successo quella sera.

All’inizio di novembre è scoppiato il caso Alberto Genovese, il noto imprenditore (43 anni) è stato arrestato per stupro al termine di un’indagine preliminare che ha appurato i fatti denunciati da una ragazza di 18 anni. La giovane aveva preso parte ad una festa organizzata dall’imprenditore a Terrazza Sentimento, una delle tante che aveva organizzato nel corso degli anni. Per lei si trattava della terza partecipazione, ma prima di quella sera non aveva notato nulla di insolito o pericoloso.

Il Gip che si è occupato del caso ha ritenuto che Genovese fosse pericoloso, motivo per cui ha stabilito la misura cautelativa. Nelle settimane successive all’arresto sono emersi altri dettagli ed altre due vittime si sono fatte avanti per denunciare molestie e violenze sessuali. Pare che le feste fossero organizzate al fine fare delle orge con delle 18enni e che a queste partecipassero a volte anche vescovi e calciatori.

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Alberto Genovese, parla la vittima dello stupro

Quanto scoperto finora potrebbe essere solo la superficie di un caso che sta scioccando l’intera nazione. In attesa di nuovi sviluppi sulle indagini, il Corriere ha raggiunto la diciottenne che per prima ha avuto il coraggio di denunciare la violenza subita. La giovane spiega di essere stata alla festa una prima volta perché invitata da alcuni amici. In quella occasione ed in una successiva, la vittima non aveva notato nulla di strano: “L’unica cosa sbagliata era l’eccesso di droga. C’erano dei piatti da cui tutti potevano prendere cocaina e cocaina rosa. In qualsiasi festa della notte a Milano la trovi, ma non così tanta”.

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La presenza di droga alla festa non l’aveva scandalizzata poiché, spiega: “Diciamo che è molto alla portata di tutti ed è sempre più accessibile. Nel mondo della moda e in quello dello spettacolo è normalissimo vedere gente che ne fa uso”. Che ci fosse qualcosa di insolito nella terza festa, invece, la ragazza lo aveva avvertito sin dall’invito: “Io e una mia amica siamo arrivate alle 20,30. Eravamo indecise se andare o no perché nessuno dei nostri amici sapeva che c’era la festa e non eravamo amiche né del signor Genovese né del signor Leali. Poi sul tardi Leali scrive alla mia amica di venire ché là era figo e, visto che c’era un’altra festa alle 23, abbiamo deciso di passare”.

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La conferma dei sospetti l’hanno avuta quando sono giunte alla festa: “Non ho ricordi precisi. La mia amica mi ha detto che avevamo deciso di andarcene anche perché lui aveva cominciato ad essere molto molesto nei nostri confronti, ci seguiva. Era come se ci stesse puntando. Infatti, ci siamo dette: ‘Stiamo sempre insieme, non ci separiamo mai'”.

La droga, la violenza e la denuncia

A quel punto interviene un amico presente nella stanza del legale in cui si sta tenendo l’intervista e spiega: “‘Stava aspettando che qualcosa facesse effetto. Ci ha passato qualcosa che solo io ho preso volontariamente. La mia amica ha detto che dopo mi comportavo in modo molto strano. Era intorno alle 22, credo. Poi ho perso la memoria’”.

Lo stesso è accaduto alla giovane, la quale ha perso le forze ed è stata portata da qualcuno sul letto. I testimoni presenti le hanno rivelato che aveva perso molto sangue, ma lei ricorda solo di essersi svegliata in quel letto, incapace di ricordare come ci fosse finita. All’intervistatore ha infatti raccontato: “Da quando mi sono svegliata sul letto. Credevo di aver avuto un incubo. Ricordo di avergli detto ‘Ma dove siamo andati ieri sera?’. Solo dopo l’arresto ho saputo quello che era accaduto. Ho solo alcuni flash di quello che è accaduto. Avevo la sensazione che fosse successo qualcosa, ma era tutto talmente assurdo che ho pensato che fosse impossibile. Poi hanno cominciato a sovrapporsi i ricordi, i dolori, le manette, lui che si comportava in modo violento e voleva ancora costringermi ad assumere droga. ‘Pippa‘, diceva. Ho capito che ero in pericolo di morte e ho mandato messaggi alla mia amica con il telefonino”.

Quando l’amica è arrivata sotto casa di Genovese, lei è scesa e mentre si trovava in strada ha fermato una volante: “Dopo un po’ ho capito che davvero ero in pericolo, ma mi sentivo più sicura chiamando la mia amica che è venuta immediatamente sotto casa. Ho detto: ‘O mi fai scendere o lei chiama qualcuno’. Appena sono arrivata in strada ho fermato una Volante della polizia che passava e ho detto che c’era stata la violenza”.

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