Francesca Vitale, chi è la giudice popolare del Maxiprocesso di Palermo

Francesca Vitale è stata una delle giudici popolari del Maxiprocesso di Palermo. Ecco tutto quel che c’è da sapere su di lei. 

Francesca Vitale era una “semplice” insegnante di italiano quando, un giorno di fine 1985, ricevette una telefonata dal palazzo di giustizia che le cambiò per molti versi la vita. Ecco com’è andata.

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L’identikit di Francesca Vitale

“Signora, è stata selezionata per far parte della giuria popolare del maxiprocesso. L’aspettiamo” si sentì dire Francesca Vitale. Ci fu un attimo di sorpresa mista a preoccupazione ed esitazione, ma in poco tempo accettò di far parte della Corte d’assise insieme ad altri 13 palermitani.

Il processo nella grande aula bunker dell’Ucciardone iniziò il 10 febbraio 1986 e proiettò Francesca Vitale in una vera e propria trincea: “Un giorno accadde una cosa impressionante – ha raccontato lei stessa – un imputato si era cucito le labbra con del filo di ferro. Un altro aveva inghiottito un chiodo di sette centimetri per far sospendere il processo. Era un modo per farci stancare, per farci spaventare”.

Francesca Vitale ricorda in particolare di quando qualcuno fece irruzione nella galleria d’arte del marito: “Portarono via 23 quadri, feci subito la denuncia, poi telefonai a Piero Grasso. Mi disse: ‘Te lo dovevi aspettare’. Gli risposi: ‘Speravo che non avvenisse'”. Quello era il clima che si respirava in quei giorni a Palermo. “Nonostante quello che accadeva attorno a me – ha aggiunto Vitale -, mi ripetevo che dovevo continuare la mia vita normalmente, come moglie e come madre”.

Non era facile. Lei e le altre giudici popolari presero molti appunti “che poi furono utilissimi al momento della decisione in camera di consiglio”. “Quei giorni sono rimasti una parte importante della mia vita – ha concluso Francesca Vitale – la sera, durante la lunga camera di consiglio, con una mia collega passeggiavamo in un cortiletto dell’aula bunker, si vedevano le stelle”.

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