Pensioni donne: la Manovra 2021 non cancella le diseguaglianze con gli uomini

Pensioni: confermata l’opzione donna anche per il 2021, lo scivolo pensionistico però non basta per cancellare le diseguaglianze.

Nella bozza della Legge di Bilancio 2021 sono state confermate Quota 100, Opzione Donna e Ape Sociale. Si tratta di misure che permettono ai lavoratori di accedere alla pensione anticipatamente rispetto alla soglia di anzianità (67 anni) stabilito dalla legge Fornero nel 2011. La conferma di Opzione Donna è sicuramente una buona notizia per le lavoratrici, generalmente svantaggiate sul fronte pensionistico rispetto agli uomini.

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L’opzione donna prevede che le lavoratrici che hanno raggiunto i 35 anni di contributi, possano andare in pensione anticipatamente. C’è una discrepanza tra le lavoratrici pubbliche e quelle autonome, visto che la soglia d’età da raggiungere è di 59 anni per le prime e di 58 anni per quest’ultime. Inoltre c’è da considerare che usufruire dello scivolo pensionistico ha un effetto sull’assegno mensile (così come per l’Ape Social e per Quota 100), poiché sono minori gli anni di contributi versati.

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Pensioni: ancora elevate le diseguaglianze tra uomini e donne

La diseguaglianza tra uomo e donna nell’assegno pensionistico e nella possibilità di uscita anticipata dal mondo del lavoro è strettamente collegata alla disparità esistente da sempre in ambito lavorativo. Ancora oggi in Italia la platea di lavoratori è divisa tra il 66,6% di uomini ed il 48,4% di donne, considerando la fascia d’età 15-64 anni. A peggiorare la situazione ci sono i contratti, visto che una buona parte delle donne che lavorano sono assunte a tempo determinato, il che crea un problema di stabilità lavorativa e contributiva. Una problematica che si è acuita in questo 2020: causa covid, infatti hanno perso il lavoro 470mila lavoratrici e sono state assunte a tempo determinato 323mila lavoratrici.

Il dato sull’occupazione femminile in Italia è motivo di imbarazzo per il nostro Paese, visto che in Europa occupiamo il penultimo posto nella speciale classifica sulla parità dei sessi in ambito lavorativo (dietro di noi c’è solo la Grecia). Al problema della stabilità lavorativa si aggiunge inoltre quello della parità dei guadagni: con pari mansioni ed esperienza in media le donne guadagnano meno degli uomini. Questo si ripercuote chiaramente sull’assegno pensionistico che viaggia ad una media del 25% in meno rispetto a quello degli uomini.

Altra discriminante riguarda i requisiti d’accesso alla pensione anticipata, equiparati nel 2011 dalla Legge Fornero a quelli maschili. A causa della difficoltà di ottenere una contribuzione stabile nel tempo, sono molte di più le donne costrette a raggiungere il limite di anzianità. Una diseguaglianza che è stata acuita ulteriormente da Quota 100. Per dimostrare questo dato di fatto basti pensare che nel 2019 sono stati 242.361 i lavoratori che hanno goduto della misura sperimentale, mentre solamente 69.679 le lavoratrici che ne hanno potuto beneficiare.

 

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