Feto abortito sepolto senza consenso al cimitero Flaminio di Roma

Il feto abortito di una giovane donna è stato sepolto senza consenso nel cimitero dei bambini mai nati al Flaminio di Roma.

Una giovane donna, dopo un‘interruzione di gravidanza e senza aver dato il consenso per la sepoltura delle esequie del feto morto, si è ritrovata a dover leggere il suo nome su una delle tante croci nel “Giardino degli angeli” del cimitero Flaminio di Roma.

La donna, mesi dopo aver abortito e specificatamente firmato affinché il feto non venisse sepolto, ha ricevuto il referto istologico dalla struttura presso la quale aveva effettuato l’interruzione di gravidanza. Insospettita, ha così contattato la camera mortuaria del cimitero Flaminio venendo a sapere che il “fetino”, così definito dal personale, sarebbe stato sepolto insieme agli altri nel cimitero che accoglie le salme di feti morti in seguito ad aborti spontanei o interruzioni volute.

La donna racconta la vicenda in un post su facebook

mi sono sentita violata nella privacy” ha scritto la donna ” è come se con la sepoltura del feto che ho abortito e il mio nome scritto su quella croce avessero voluto dirmi ‘l’hai abbandonato e ci pensiamo noi‘”.

La giovane ha voluto raccontare, in un lungo e condiviso post su facebook, la sua storia di consenso violato, di rabbia, di sgomento, suscitando reazioni di supporto da parte della maggior parte degli utenti. La vicenda, infatti, ha fatto il giro del web e molti sono stati i commenti di solidarietà nei confronti della donna e di sdegno per quello che le è accaduto.
Questa vicenda è assurda, provo rabbia e angoscia nell’aver visto che, senza il mio consenso, altri abbiano seppellito mio figlio con una croce, simbolo cristiano, che non mi appartiene e con scritto il mio nome” continua la donna nel post e conclude con una nota positiva sul personale della camera mortuaria del cimitero Flaminio: “Ci tengo a dire che, nonostante tutto, non dimenticherò mai l’umanità e la gentilezza del personale della camera mortuaria che ha seguito la mia vicenda per mesi”.

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