Apre Facebook, legge alcuni post e poi si suicida: mistero sulla morte della 14enne

Un’adolescente a Londra ha scelto la via del suicidio dopo essere venuta in contatto con alcuni disturbanti post presenti su Facebook.

Molly Russel era un’adolescente all’apparenza spensierata, proveniente da Harrow, nel nord-ovest di Londra. La vicenda che l’ha interessata è scioccante agli occhi di tutti. La piccola infatti si è tolta la vita dopo aver visionato dei contenuti disturbanti sui social network. Sul caso inerente al suo suicidio è stata aperta un’indagine, che va avanti ancora oggi.

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È una storia priva di lieto fine, quella di Molly, che non aveva mai mostrato segni di problemi mentali prima di compiere l’atto estremo. Nessuno si sarebbe aspettato tutto quello che è successo. La ragazza stava soltanto sfogliando le pagine dei suoi social media, quando improvvisamente è venuta in contatto con materiale inquietante e ‘piuttosto terribile’.

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La ragazza, all’epoca 14enne, ha visionato online contenuti legati alla depressione, all’ansia, all’autolesionismo, ed al suicidio, per poi, nel 2017, togliersi irrimediabilmente la vita. Il materiale è rimasto a lungo sotto indagine, ed è passato nelle mani di avvocati e Polizia.

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La studentessa, prima di togliersi la vita, è venuta in contatto su Facebook con materiale disturbante, talmente tanto da essere stato definito ‘troppo inquietante per essere esaminato dalla Polizia per un lungo periodo di tempo’. La quattordicenne ha sfogliato alcuni post su Instagram dal contenuto terribile, che adesso sono in mano agli esperti che stanno ancora investigando sulla sua morte.

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Ian Russel, papà di Molly: la reazione al suicidio della figlia dopo aver letto Facebook

Dalla morte della figlia, Ian Russell si è dimostrato attivo sostenitore della battaglia per la riforma delle piattaforme dei social network. In memoria di Molly ha inoltre creato la Molly Rose Foundation, un’associazione per aiutare a prevenire il suicidio negli under 25. Il Royal College of Psychiatrists ha pubblicato a Gennaio un report, trattando la vicenda ed intervistando l’uomo. “In mezzo ai soliti compagni di scuola, i gruppi pop e le classiche celebrità seguite dai quattordicenni, abbiamo trovato materiale deprimente, contenuti grafici di autolesionismo, e meme che incoraggiano al suicidio“, ha raccontato Ian. “Senza alcun dubbio i social media hanno contribuito ad uccidere mia figlia”.

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