Artemisia Gentileschi, chi è la pittrice femminista di scuola caravaggesca

Da questa mattina il nome di Artemisia Gentileschi è in tendenza su Twitter: ecco chi era la pittrice e icona femminista, la sua vita ha cambiato la storia.

(Autoritratto)

Da questa mattina il nome di Artemisia Gentileschi è in tendenza su Twitter. Il motivo? Si festeggia oggi, 8 luglio 2020, il 427° anniversario della nascita della pittrice, diventata icona femminista a causa della sua storia personale. Nata a Roma nel 1593, Artemisia fu vittima di stupro da parte del suo maestro d’arte Agostino Tassi. Lo denunciò e vinse la causa. La sua forza interiore, raccontata nella sua biografia, il suo espressivo e spesso crudo linguaggio pittorico, hanno reso Artemisia una pittrice simbolo del femminismo internazionale dal 1600 fino ai giorni nostri.

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Artemisia Gentileschi: la pittrice femminista ancora troppo sottovalutata

(Giuditta che decapita Oloferne)

Nonostante negli anni ‘600 l’arte pittorica fosse quasi completamente riservata agli uomini, grazie al sostegno del padre Orazio Gentileschi fin da piccola Artemisia si dedicò all’apprendimento del disegno, dell’uso dei colori e delle luci, e delle tecniche pittoriche più semplici. Negatale la possibilità di entrare all’Accademia di Roma, dove le donne erano escluse, Artemisia dipinse le sue prime opere all’interno della bottega del padre, dove osservava il lavoro di grandi maestri come Caravaggio. L’influenza caravaggesca è evidente in quasi tutte le opere della Gentileschi, drammatiche e teatrali.

Lo stupro di Artemisia Gentileschi

Agostino Tassi, il pittore che stuprò Artemisia a maggio 1611, quando la ragazza era appena diciottenne, frequentava assiduamente la famiglia Gentileschi per volere del padre, che sperava lui potesse insegnarle tecniche di prospettiva pittorica. Artemisia denunciò lo stupro e vinse la causa: Tassi, essendo sposato, non poteva rimediare con il matrimonio all’accaduto (come si era soliti risolvere i casi di stupro all’epoca), così venne processato e condannato ad otto mesi di carcere. La storia dello stupro di Artemisia e della sua vittoria, però, resta particolarmente terribile: la ragazza fu costretta a dichiarare le accuse contro Agostino Tassi sotto tortura. La storia della pittriche si può leggere nel libro “La passione di Artemisia”, di Susan Vreeland. Pochi anni dopo, tra il 1612 e il 1613, l’artista romana rese pubblica una delle sue opere più famose, “Giuditta che decapita Oloferne”; nel dipinto, per via della violenza, della drammaticità e della veridicità della scena rappresentata, i critici leggono un riscatto artistico per l’abuso e per l’ingiustizia subita.

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