Mattia, il paziente 1 di Codogno: “Mi hanno dato fastidio le bugie”

In una recente intervista, Mattia Maestri, il paziente 1 di Codogno, ha rivelato di aver provato fastidio per le bugie scritte su di lui.

Verso la fine di maggio Mattia Maestri, 38enne di Codogno, è diventato noto in tutta Italia come il paziente 1 del Coronavirus in Italia. In quei giorni sia i medici che i media hanno cercato di ricostruire i suoi movimenti per comprendere come potesse aver preso il contagio. E’ uscito fuori che avrebbe avuto una cena con un collega cinese, pista che poi si è rivelata falsa. Oltre ai tentativi di ricostruzione dei contatti, ci sono poi state le ormai “classiche” fake news create per generare odio.

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Il dramma vissuto da Mattia e dalla sua famiglia, è stata contagiata anche la moglie che era prossima al parto, si è concluso fortunatamente con un lieto fine. L’uomo alla fine è guarito ed è tornato a casa e mentre era ricoverato la moglie ha dato alla luce la loro bambina (Giulia). Adesso Maestri sogna di tornare alla normalità e a quelle sessioni di allenamento podistico che appassionano sia lui che la moglie.

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Mattia Maestri: “L’etichetta di paziente 1? Nessun fastidio, le bugie sì”

In una recente intervista concessa a ‘Sport Week‘ che verrà pubblicata per intero prossimamente, Mattia spiega di non aver provato alcun fastidio dall’essere etichettato come paziente 1. Etichetta che si è capito successivamente non corrispondeva nemmeno alla realtà, visto che pare che i contagi siano cominciati ben prima del 21 febbraio. A dargli fastidio è stato altro: “L’etichetta di Paziente 1 non mi è mai pesata, le bugie sì. La cena con un cinese, le due maratone in una settimana: tutto falso. Mi è pesata la popolarità che ne è conseguita, devo continuamente respingere le richieste di interviste o di ospitate televisive”.

Dopo aver rivelato il desiderio di tornare a correre insieme ai compagni del Gruppo Podistico Codogno ’82, Mattia li ha voluti ringraziare per la vicinanza dimostrata a lui ed alla moglie nel periodo più complesso della loro vita: “Nel periodo del mio ricovero hanno sostenuto la mia famiglia. Si sono anche iscritti ai social per difendermi”.

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