Incidente Nicoletta Braschi, come sta la moglie di Roberto Benigni

Nel 2012 Nicoletta Braschi, moglie di Roberto Benigni, ha avuto un incidente di cui oggi porta le cicatrici, come sta l’attrice.

Gli amanti del cinema sicuramente conosceranno il lavoro svolto in questi anni da Nicoletta Braschi. L’attrice, sin dall’inizio degli anni ’90, si è legata sentimentalmente e professionalmente con Roberto Benigni. Insieme, i due, hanno girato alcune delle pellicole che sono entrate di diritto nell’immaginario collettivo italiano. Come non ricordare ‘Il piccolo Diavolo‘, ‘Johnny Stecchino‘ o ‘Il Mostro‘, film comici di grande stile che hanno settato uno standard per il genere.

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Nel 1997, poi, è arrivata una piccola grande perla, un film che trattava un tema scottante come le leggi razziali e la Shoah con una delicatezza tale da incantare chiunque abbia avuto la possibilità di vederlo. Non a caso, proprio quella pellicola – La Vita è bella – ha ricevuto l’acclamazione di pubblico e critica, arrivando persino a vincere ‘L’Oscar’ come miglior film straniero (il primo film non americano a vincere il premio Oscar più ambito – Miglior Film – è stato Parasite nel 2020).

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Nicoletta Braschi, come sta adesso ad 8 anni dal terribile incidente

Da qualche anno a questa parte Nicoletta Braschi si vede più di rado al cinema. In parte si tratta di una scelta professionale, in parte tale assenza è dovuta all’incidente che l’ha vista coinvolta nel 2012. L’autista della sua auto ha perso il controllo del mezzo e si è schiantato contro un palo. Sebbene nell’urto non abbia riportato conseguenze troppo gravi, l’incidente le ha lasciato qualche strascico e ancora oggi porta qualche cicatrice sul volto.

A tal proposito anni addietro Nicoletta ha dichiarato: “Come mi ha detto il chirurgo che mi ha operata, ce l’ho fatta perché sono una pellaccia. Orgogliosissima di esserlo. Mi sento come un marinaio che porta in volto i segni delle sue imprese”. Di recente, in un’intervista rilasciata in occasione dei 60 anni, l’attrice ha invece detto: “Ho capito che le cicatrici che ancora porto sono come una carta geografica, sono come le rughe: i segni della vita di cui andare fieri”.

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