Sopravvissuto al coronavirus muore in casa dopo due settimane, aveva 101 anni

Nonno di 101 anni è morto in casa due settimane dopo essere sopravvissuto al coronavirus. Il ricordo commovente della famiglia.

Si chiamava Alberto Luigi Bellucci l’anziano nonno che, poco tempo fa, era guarito dal coronavirus: dimesso dall’ospedale era tornato nella sua casa di Rimini, dove aveva compiuto 101 anni. E’ morto giovedì scorso, dopo due settimane dalla guarigione, accanto alla moglie e ai figli. Una nipote del nonno racconta che Alberto Luigi non era solo quando è moro, ed è “riuscito a salutare anche i nipoti, facendo “ciao” con la mano in videochiamata”. Lo scorso 26 marzo era stata Gloria Lisi, vicesindaca di Rimini, a dare notizia delle sue dimissioni dall’ospedale Infermi. L’uomo era nato nel 1919, nel pieno di un’altra pandemia mondiale. Il giorno della dimissione la Lisi aveva raccontato alla stampa: “Ha visto tutto: guerre, fame, dolore, progresso, crisi e resurrezioni. Valicata la barriera centenaria il destino gli ha messo davanti questa nuova sfida, invisibile e terribile allo stesso momento… In pochi giorni è diventato “la storia” anche per i medici, gli infermieri, tutto il personale sanitario. E ce l’ha fatta”. Durante la Seconda guerra mondiale Bellucci aveva fatto la guardia al fronte con gli Alpini, ed era anche stato catturato due volte dai tedeschi.

Potrebbe interessarti anche –> Coronavirus, uomo di 101 anni guarisce: “Devo prendermi cura di mia moglie”

Sopravvissuto al coronavirus, muore in casa dopo due settimane: addio ad Alberto Luigi Bellucci

“E’ un momento che vorresti non arrivasse mai, ma ci eravamo accorti della sua debolezza. I suoi occhi, in cui prima si leggeva la voglia di andare avanti, di farcela, erano diventati un po’ spenti, un po’ stanchi. La malattia lo aveva lasciato molto debilitato, aveva delle difficoltà a respirare e a parlare per via dell’infezione respiratoria, i bronchi ne avevano risentito parecchio. Noi speravamo che riuscisse a superare anche questa, ma avevamo sviluppato la consapevolezza che stesse arrivando la fine. Anche lui ne era consapevole, è stato lucido fino all’ultimo ed è riuscito a salutarci tutti prima di andarsene, giovedì scorso. Ma ha mantenuto la sua promessa: quando è tornato a casa ha detto: “Eh, mi avevate detto che dovevo tornare, io sono tornato”. Lo racconta Elisa, la nipote che si è presa cura del nonno fino all’ultimo giorno, a Il Corriere. “E’ nato nel 1919, l’anno della spagnola, anche se in realtà non l’ha contratta. La guerra invece l’ha proprio combattuta come Alpino, faceva la guardia alla frontiera, ed è riuscito a tornare a casa solo grazie al suo coraggio. Vicino alla fine del conflitto si era imbattuto nei tedeschi in ritirata e lo avevano fatto prigioniero. L’avevano caricato su un treno per deportarlo in Jugoslavia, ma lui è saltato giù dal vagone in corsa, e per ben due volte. Dopo la prima tentata fuga era stato ricatturato, ma poi è scappato di nuovo, sempre gettandosi dal treno. Se oggi noi siamo qui è solo merito del coraggio che ha avuto quella volta da ragazzo. Ha avuto una vita molto intensa, i racconti della guerra sono quelli che a noi nipoti faceva più spesso, ricordava benissimo tutto, anche piccoli particolari, che mi piacerebbe mettere per iscritto, raccontando la vita del mio nonno”.

Se vuoi seguire tutte le nostre notizie in tempo reale CLICCA QUI!

 

Impostazioni privacy