Il dolore di Silvia per la morte del padre: “Lo hanno lasciato morire”

Silvia ha raccontato a ‘Reuters’ i giorni di strazianti dolori e malattia che hanno portato alla morte del padre in casa, senza poter fare una visita medica.

In questi giorni abbiamo raccontato alcune delle storie tragiche nate a causa del Coronavirus. Sarebbe probabilmente impossibile raccontarle tutte, ma ne basta anche solo qualcuna per illustrare quanto il periodo che stiamo vivendo sia complicato, specie nella zona in cui c’è l’epicentro della pandemia. Più volte si è parlato del sovraffollamento degli ospedali della zona, dove i medici sono costretti a fare gli straordinari sperando di riuscire a salvare il numero maggiore di persone possibili.

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Le scene di quei reparti colmi di persone con difficoltà respiratorie hanno colpito non solo gli italiani, ma il mondo intero. A quei pazienti ospedalizzati che lottano quotidianamente per la loro vita, si aggiungono poi quelli che, sebbene siano positivi o presumibilmente tali, vengono lasciati a casa perché hanno sintomi non gravi. Nelle zone più colpite, infatti, non si procede con il ricovero a meno di gravi difficoltà respiratorie. Il Covid-19, però, è un virus infame e le condizioni di salute di che lo contrae possono peggiorare rapidamente.

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Il dolore di Silvia per la morte del padre

A quella categoria di malati sopra descritta appartiene Antonio, 78enne lombardo deceduto nei giorni scorsi. Il suo dramma lo ha raccontato la figlia Silvia all’agenzia di stampa ‘Reuters‘. La donna spiega innanzitutto come i suoi continui appelli ai medici siano stati ignorati: “Mio papà ha cominciato ad avere la febbre sabato 7 marzo – racconta al telefono – Mercoledì 11 ho chiamato il sostituto del nostro medico di base, che si è ammalato ed è in ospedale, e mi ha detto di dargli la tachipirina. Due giorni dopo l’ho richiamato e gli ho detto che papà aveva sempre la febbre, anche con la tachipirina, e lui mi ha detto di portare pazienza, che c’era una forma virale in giro, che l’antibiotico non avrebbe fatto niente e che lui non poteva fare visite se non per problemi respiratori gravi”.

Silvia ha provato insistentemente a richiedere una visita, ma sia il medico di base che la guardia medica le hanno detto che non era possibile: “Martedì ho chiamato di nuovo il medico e gli ho chiesto se non era possibile avere uno straccio di visita di 10 minuti, e ancora mi ha risposto di no… La sera stessa ho chiamato la guardia medica dalle sette, e alla fine quando a mezzanotte mi ha risposto anche lui mi ha detto niente visite”. Mercoledì 18 Antonio peggiora ancora, non riesce a respirare. La figlia chiama il 112 dove le viene detto che se giunge l’ambulanza dev’essere portato in ospedale. Chiama allora la Guardia Medica che finalmente giunge in casa per una visita.

Serve un elettrocardiogramma e viene in ogni caso chiamata un’ambulanza. Il mezzo, però, non arriva in tempo: all’1:10 il medico presente in casa dichiara la morte di Antonio, giunge dieci minuti dopo. Al giornalista Silvia dice con rabbia e dolore: “Mio papà è stato lasciato morire in casa, da solo. Come un sacco di altra gente del mio paese. Siamo un piccolo paese di 2.700 anime e solo a marzo abbiamo avuto 24 morti. Sento i numeri che danno in tv, ma dove lo collocano mio padre? E tutte le altre persone qui?”.

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