Coronavirus, la terapia con idrossiclorochina funziona? Ecco la verità

Coronavirus farmaco

Una terapia considerata efficace, ma anche controversa: è quanto emerge dai riscontri dei medici sulla sperimentazione dell’idrossiclorochina nei pazienti affetti da Coronavirus.

L’uso della idrossiclorochina per il trattamento dei pazienti affetti da Coronavirus divide la comunità scientifica è divisa. Diverse pubblicazioni cinesi e francesi ne attestano a quanto pare l’efficacia, ma su numeri ridotti. Intanto la sperimentazione è arrivata anche in Italia: circa 200 soggetti sono stati trattati con idrossiclorochina a livello domiciliare. E i dati raccolti grazie alla collaborazione della Asl di Alessandria, del Direttore Generale Roberto Stura, e del Direttore del dipartimento di Oncologia-Ematologia della Usl di Piacenza, Luigi Cavanna, indicono a un cauto ottimismo: nell’85%- 90% dei casi si è riscontrata la remissione della febbre.

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La speranza dell’idrossiclorochina per sconfiggere il Coronavirus

I dati in questione vanno presi con le pinze, perché non sono randomizzati e non sempre si è riusciti a eseguire un tampone pre e post trattamento. Resta però l’importanza della convergenza statistica della risposta dei pazienti al farmaco nelle prime 48-72 ore (in media). Ricordiamo che l’idrossiclorochina è ben tollerata da un ampio numero di pazienti che la usano regolarmente per malattie autoimmuni, ma deve essere sempre prescritta dal medico, che poi monitorerà di giorno in giorno la risposta al farmaco e lo stato di salute del soggetto.

Come spiega l’oncologo Luigi Cavanna, “se riscontriamo sintomi del Coronavirus facciamo un’ecografia e diamo l’idrossiclrorochina e strumenti di controllo. Se le cure vengono iniziate precocemente sono pochi i pazienti da ospedalizzare. È una strategia che può cambiare la storia di questa malattia”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche l’oncologo e farmacologo Antonio Marfella dell’Istituto Pascale di Napoli: “E’ fondamentale la tempestività del trattamento, dopo prescrizione del medico, già entro le prime 72 ore dalla comparsa della sintomatologia: febbre, assenza di olfatto e gusto, tosse”.

Andrea Savarino, ricercatore dell’Istituto Superiore di Sanità e tra i massimi esperti in Europa di clorochina/idrossiclorochina, chiarisce che “senza dubbio non vi sono dati ottenuti con sperimentazioni cliniche randomizzate e condotte secondo tutti i crismi della disciplina. Questa però non è una situazione come le altre. L’umanità è stata presa alla sprovvista da un patogeno inatteso. Da un lato, ci stiamo muovendo in un territorio in gran parte inesplorato che ci costringe a cambiare rotta continuamente in una situazione che è mutevole e ci impedisce di attenerci a un rigido protocollo a lungo termine. D’altro canto bisogna garantire il più largo accesso possibile a farmaci che abbiano qualche chance di funzionare, e la somministrazione di un placebo in questo caso è da molti considerata inaccettabile da un punto di vista etico”. Un tentativo che vale dunque la pena di fare.

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