Aurelio, guarito dal Coronavirus: “Grazie a chi mi ha salvato”

Aurelio, primo guarito dal Coronavirus nelle Marche, scrive una lettera d’amore per il personale medico che gli ha permesso di tornare a casa.

Sono state settimane dure, quelle appena trascorse, per Aurelio Petregnani. Il family banker è stato uno dei primi pazienti affetti da Coronavirus nelle marche e per lungo tempo si è temuto che non riuscisse a superare questa tremenda malattia. Ricoverato nel reparto di terapia intensiva ed intubato, per lui le possibilità di farcela erano al 50%. Nessuno dei medici sapeva dargli delle rassicurazioni, anche perché prima di lui nessuno, nelle Marche, era ancora stato estubato.

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Quando è uscito dalla terapia intensiva e posto in quella sub intensiva, i medici hanno tirato un sospiro di sollievo. La sua guarigione dava loro speranza ed il fatto che ora Aurelio sia tornato a casa gli ha dato la forza di continuare a lottare, di salvare quante più vite possibile. Lui è felicissimo di avere avuto una seconda possibilità ed il suo primo pensiero è rivolto proprio a tutte quelle persone che gliel’hanno concessa.

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Aurelio ringrazia medici e infermieri: “Vorrei abbracciarvi”

Intervistato da ‘Il Corriere Adriatico‘, il primo estubato delle Marche ringrazia il personale sanitario che si è occupato di lui nelle scorse settimane: “(Vorrei) ringraziare i medici, le infermiere e gli infermieri di Terapia Intensiva e Medicina di Urgenza, ma anche Medicina sub intensiva, che mi hanno salvato la vita“. Aurelio spiega che in 22 giorni di ricovero sono state tante le persone che si sono prese cura di lui. Persone che non lo hanno solamente guarito, ma che hanno cercato di farlo stare il più possibile bene anche a livello umano: “Infermieri e oss mi hanno dimostrato la loro umanità sconfinata, che ha reso meno penoso il mio ricovero. Uomini e donne che quando si sono resi conto di avermi salvato, mi hanno ringraziato: rappresentavo per loro un successo che gli dava forza per continuare”.

In conclusione l’uomo rivela di avere un desiderio che spera un giorno si possa avverare, quello di conoscere le persone che gli hanno salvato la vita. Data l’emergenza, infatti, non ha avuto la possibilità di guardarli in viso: “Ho visto solo i loro occhi a causa delle procedure di sicurezza che celavano ogni altra parte del corpo, ed ora non potrei neanche riconoscerli. Se ci dovessimo incrociare, nei prossimi mesi, e qualcuno si dovesse ricordare di me, lo invito a svelarsi, sarei felice di abbracciarlo”.

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