Coronavirus: straziante tributo di Gabriele Corsi alle vittime

Straziante tributo di Gabriele Corsi alle vittime del Coronavirus: il presentatore televisivo posta su Instagram una foto e parole commosse.

(screenshot video)

Il mondo dello spettacolo, da più parti, si sta organizzando per sostenere la battaglia contro il Coronavirus, chi con raccolte fondi e chi anche iniziative di sostegno a chi ha perso un familiare o un amico.

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Tra questi c’è l’ex componente del Trio Medusa, Gabriele Corsi, conduttore televisivo impegnato sul Nove con il format Deal with it – Stai al gioco.

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Il tributo di Gabriele Corsi alle vittime di Coronavirus

Il presentatore ha pubblicato un post su Instagram che è uno straziante tributo a chi ha perso la vita a causa del Coronavirus. Ha infatti messo online una pagina sfocata di un quotidiano, con una lunga serie di necrologi e ha scritto: “Era mio padre. Quello della foto un po’ sfocata nei necrologi di ieri”.

“Era mia madre. Che mi faceva posto nel letto grande quando avevo la febbre e mi sembrava, sempre, l’unica cura possibile. Era mio zio. Quel signore con gli occhiali che se n’è andato tra i tanti ieri”, scrive ancora Gabriele Corsi. E poi: “Era mia zia. La signora senza foto. Solo nome e cognome”. Quindi ricorda che le vittime del Coronavirus sono “quelli che adesso non possiamo piangere”. Un invito alla riflessione, soprattutto di chi pensa che a morire siano “solo vecchi e malati”, come se davvero anche queste non siano persone.

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Era mio padre. Quello della foto un po’ sfocata nei necrologi di ieri. Era mio padre. Lo ricordo con una barba nera nera che mi insegnava a dare calci a un pallone nel parco sotto casa. Era mia madre. Quella signora elegante morta da sola in ospedale perché non si poteva entrare. Il dolore più grande. Lei. Da sola. Era mia madre. Che mi faceva posto nel letto grande quando avevo la febbre e mi sembrava, sempre, l’unica cura possibile. Era mio zio. Quel signore con gli occhiali che se n’è andato tra i tanti ieri. Era mio zio. Lo stesso che mi portava a giocare con i modellini di aerei e mi faceva volare restando con i piedi a terra. Era mia zia. La signora senza foto. Solo data di nascita e di morte. Era mia zia. Perché non possiamo neanche andare a casa sua a cercare una polaroid che la ritragga. Lei che a Natale mi ha regalato la prima macchina fotografica. Erano mio padre. Erano mia madre. Erano i miei zii, i miei vicini, i genitori, i parenti dei miei amici. Quelli che, adesso, non possiamo piangere. Quelli che, adesso, non possiamo abbracciarci per lenire il dolore. Quelli che tu non sai chi sono. Ma io sì. Quelli che, per qualcuno, sono “muoiono solo i vecchi”, “sì, ma erano già malati”, “ne muoiono molti di più per altre cause”. E, se sei tra quelli, vuol dire che questo, tutto questo, non ti ha davvero insegnato niente.

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