Coronavirus, l’infettivologo Galli: “E’ da inizio gennaio che c’è il virus in Italia”

L’infettivologo Massimo Galli, dell’ospedale ‘Sacco’ di Milano, parla dell’epidemia di Coronavirus in Italia, sostenendo che sia arrivata già a inizio gennaio. 

Massimo Galli, primario infettivologo del ‘Sacco‘ di Milano, l’Italia è in piena emergenza. C’è un’impennata di casi di Covid-19 e gli ospedali devono gestire molti casi di malati con quadri clinici importanti. Il problema, ovviamente, non concerne solo l’Italia ma anche la Francia e la Germania, che secondo le stime potrebbero presto ritrovarsi nelle nostre stesse condizioni.

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Secondo Galli i quadri clinici gravi fanno pensare che il virus sia in circolo da molto prima di quanto ipotizzato. È verosimile che i pazienti ricoverati abbiano avuto un periodo di incubazione del virus dalle due alle quattro settimane, prima di iniziare a manifestare sintomi molto seri, dalla necessità di ricevere l’ossigeno, alla completa assistenza nella respirazione. Inizialmente il Coronavirus era stato paragonato a una semplice influenza, ma Galli dice di non aver mai visto in 42 anni di professione un’influenza ‘capace di stravolgere l’attività dei reparti di malattie infettive‘. “È l’equivalente dello tsunami per numero di pazienti con patologie importanti ricoverati tutti insieme. Solo ieri in Lombardia erano 85 i posti letto occupati da malati intubati con diagnosi di Covid-19, una fetta molto importante di quelli disponibili. Per non contare il rischio di contagio al quale sono esposti gli operatori“.

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Per l’infettivologo Massimo Galli il governo sta facendo tutto il possibile per evitare l’affollamento e l’ulteriore contagio. Il virus è entrato in Italia prima che si iniziassero a chiudere i voli dalla Cina. Il Covid-19 si pensa che circoli in Italia già dalla fine di gennaio, così mostrano i casi dei contagiati. I primi sintomi possono comparire anche dopo 7-10 giorni dal contagio, ed è molto probabile che dietro ogni paziente grave ce ne siano altrettanti infetti ma meno gravi. “Anche la migliore organizzazione sanitaria del mondo, e noi siamo tra queste, rischia di non reggere un tale impatto“.

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