Giorgio Scanzi, il primario di Codogno che ha ritardato la pensione per il coronavirus

Giorgio Scanzi è il primario di medicina che ha deciso di rimandare la pensione quando nel suo ospedale, a Codogno, è iniziata l’emergenza Coronavirus.

In giorni in cui la paura attanaglia, anche immotivatamente, buona parte della popolazione italiana, la storia di Giorgio Scanzi è un esempio di ordinario eroismo. Il medico, 65 anni, è il primario dell’ospedale di Codogno, quello che è stato chiuso dopo il primo caso di coronavirus, quello da dove si pensa sia partito tutto. Quando il 38enne è giunto nella struttura lui si trovava in ferie, sarebbe dovuto tornare il 29 febbraio per fare l’ultimo giorno di lavoro, salutare i colleghi di una vita e andare in pensione.

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L’epidemia di coronavirus ha cambiato i suoi piani. Non appena ha saputo che i suoi colleghi avrebbero dovuto affrontare l’emergenza è tornato dalle ferie ed ha deciso che la pensione sarà rimandata finché il tutto non sarà risolto. Un gesto che per molti può sembrare straordinario, ma che lui ritiene un atto dovuto. D’altronde Giorgio ha scelto di fare il medico proprio per situazioni come queste, proprio per aiutare chi aveva bisogno nel momento di maggiore difficoltà.

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Giorgio Scanzi, il primario che ha rimandato la pensione per il coronavirus

Intervistato da ‘L’Eco di Bergamo‘, il primario ha innanzitutto chiarito di non voler essere chiamato “eroe”. Al giornalista si presenta con umiltà e dice: “Mi scusi per la voce bassa ma cerchi di capire. Non sto facendo niente di speciale. Mi sembrava giusto essere qui, ho solo rinunciato a delle ferie“. Il dottor Scanzi sottolinea come stia facendo solamente il proprio lavoro: “Il mio lavoro è proprio questo, stare al servizio dei malati“.

Infine scherza sul fatto che a convincerlo a tornare c’è di certo anche una componente genetica: “Eh sì, diciamolo chiaramente: le mie origini bergamasche si vedono in questo. Ho proprio l’animo del classico muratore bergamasco: quando costruisco qualcosa voglio finirla e finirla bene. Certo, mai mi sarei immaginato di chiudere la mia carriera ospedaliera con una emergenza simile. Diciamola così, una cosa del genere non mi era mai capitata e non mi capiterà più”.

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