Morte Martina Rossi, imputati: “Non abbiamo cercato di stuprarla”

Nel corso dell’ultima udienza del processo di appello sulla morte di Martina Rossi, gli imputati hanno ribadito la propria innocenza.

Martina Rossi
Martina Rossi

La morte di Martina Rossi risale all’estate del 2011. Quell’anno la ragazza genovese era andata in vacanza con alcune amiche a Palma de Maiorca. Il giorno in cui è morta precipitando dal terrazzo dell’albergo in cui alloggiava, si trovava in compagnia di due ragazzi: Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi. In seguito alle indagini si è ipotizzato che i due ragazzi avessero cercato di avere un rapporto sessuale con lei, approfittando dello stato confusionale della ragazza. La 20enne, però, sarebbe riuscita a sfuggire alle loro attenzioni e nel tentativo di scappare sarebbe precipitata.

Leggi anche ->Caso Martina Rossi, non fu suicidio: stava fuggendo da un’aggressione sessuale

La pubblica accusa ha portato avanti questa ricostruzione dei fatti ed ha richiesto per gli imputati una condanna per tentato stupro e per omicidio generato da un altro reato (la tentata violenza sessuale). In primo grado gli imputati sono stati condannati per tentato stupro e per il secondo reato, quest’ultimo però è già caduto in prescrizione. Nel ricorso i legali della difesa stanno cercando di dimostrare che i loro assistiti non hanno tentato la violenza carnale e che la morte di Martina Rossi è stato un tragico incidente.

Leggi anche ->Martina Rossi, chi è la studentessa morta cadendo dal sesto piano

Se vuoi seguire tutte le nostre notizie in tempo reale CLICCA QUI

Morte Martina Rossi, gli imputati si dicono innocenti

La tesi della difesa si basa sull’innocenza degli imputati. Uno dei due, Alessandro, ha spiegato in aula che: “Avevamo fumato una canna, Martina non ci stava con la testa, non sapeva dove si trovasse né cosa stesse facendo”. Secondo la sua versione, dunque, Martina non stava scappando da un aggressione sessuale, ma non si sarebbe nemmeno suicidata come si era pensato all’inizio. La sua morte, dunque, sarebbe stato un tragico incidente dovuto allo stato confusionale nel quale si trovava in quel momento la ventenne genovese.

L’imputato ha anche detto in aula di avere tuttora un rimorso: “Se fossi rimasto lì (nella stanza, ndr) non sarebbe successo niente”. Al termine della testimonianza i suoi legali hanno chiesto che possano essere ascoltati nuovamente i testimoni spagnoli, per dimostrare l’innocenza degli imputati. Il prossimo 11 marzo scopriremo se il giudice permetterà alla difesa l’interrogatorio dei testimoni, in caso contrario si procederà con la sentenza di secondo grado.

Impostazioni privacy