Maria Teresa Procacci: il caso della donna uccisa nel 2009 – VIDEO

Come è morta Maria Teresa Procacci: il caso della donna uccisa a Milano ad aprile 2009, le indagini per scoprire l’autore del brutale delitto.

Si tratta di uno dei casi di cronaca nera che maggiore attenzione destarono una decina di anni: quello della morte di Maria Teresa Procacci. La donna venne trovata uccisa la sera del 28 aprile 2009 a Milano dagli agenti della Polizia di Stato.

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Si trovava all’interno di un’automobile abbandonata: da ore i familiari e gli amici la cercavano ma senza risultato. Cellulari e borsetta della donna, vedova e senza figli, erano stati lasciati in casa.

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Maria Teresa Procacci

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Chi ha ucciso Maria Teresa Procacci

Maria Teresa Procacci era in prima linea nel mondo del volontariato e della beneficenza. Viveva da sola con il suo cane. Chi poteva avere interesse a ucciderla? Vedova dell’avvocato Francesco Paolo Crisi, ex allenatore e driver all’Ippodromo, la donna aveva avuto un amante con il quale si era lasciata qualche tempo prima del delitto. Né l’uomo né suoi familiari risultano però coinvolti nell’omicidio. La svolta del caso avviene quando la polizia indaga sui legami familiari della donna.

Infatti, tre mesi dopo il delitto viene arrestato, il 16 luglio del 2009, Pasquale Procacci, fratello della vittima. L’uomo, ex dirigente dell’Agenzia delle Entrate, avrebbe agito per questioni di eredità. A quanto pare, infatti, la sorella aveva deciso di escludere il fratello e il nipote Antonio ed era pronta a lasciare tutto alla cagnolina Amelie-Sophie, un carlino. Condannato in primo grado, Pasquale Procacci era poi stato assolto in un primo processo d’appello. La Cassazione aveva annullato quella sentenza, quindi si era tenuto un Appello bis, conclusosi stavolta con la condanna a 30 anni per l’uomo.

La fuga di Pasquale Procacci e l’arresto in Libano

Nella sentenza di primo grado, i giudici scrivono che la vittima “era sicuramente poco oculata nella gestione delle sue risorse finanziarie e facilmente avvicinabile da persone prive di scrupoli interessate al solo denaro dalla stessa posseduto”, ragione per cui Pasquale Procacci “intravede una minaccia per l’unità del patrimonio e la sua continuità in ambito familiare”. Ma nei processi non emergono scontri tra i due fratelli e il successivo processo d’Appello mette anche in discussione la prova regina: le tracce del Dna dell’uomo.

Come detto, la Cassazione annulla l’assoluzione e in appello bis, nell’aprile 2014, Procacci viene nuovamente condannato a 30 anni. Si è però già reso irreperibile: fuggito, prima in Francia e da lì in Libano, grazie ad un passaporto argentino, pensa di averla fatta franca. Ma a Beirut riaccende il cellulare, viene individuato e 12 giorno dopo la fuga arrestato in un albergo della capitale libanese. Estradato, viene rinchiuso nel carcere di Rebibbia: a novembre 2015 la Cassazione rende definitiva la condanna.

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