Don Paolo Piccolo, chi è il monsignor condannato per l’uccisione di don Rocco

Conosciamo meglio la storia di Don Paolo Piccolo, il monsignor che è stato condannato per aver ucciso don Giuseppe Rocco: tutte le curiosità

Don Paolo Piccoli

Paolo Piccoli non ci sta. L’ex parroco di Pizzoli e Rocca di Cambio e canonico della cattedrale all’Aquila con un passato come cappellano della marina mercantile per le navi da crociera, è stato condannato a 21 anni e 6 mesi per più l’interdizione dai pubblici uffici per l’omicidio di Giuseppe Rocco, 92 anni. Il prete fu strangolato nella Casa del Clero di Trieste, un istituto di riposo per sacerdoti, la mattina del 25 aprile 2014. Lo stesso monsignor ha svelato: “Sono innocente, non ho ucciso io don Giuseppe Rocco, contro di me hanno vinto i pregiudizi e le bugie. Vivo una grande sofferenza, come Giobbe sono stato messo alla prova”. 53 anni, di origini venete, è malato già da tempo e per questo già in quiescenza: attualmente vive a Verona ed è reduce da diversi interventi chirurgici.

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Don Paolo Piccolo, le curiosità sul caso

Il tutto risale al periodo quando i due religiosi si trovavano nella casa di riposo.  Don Paolo è stato condannato per aver ucciso l’anziano prete per rubargli una collanina, che non è stata più ritrovata. L’avvocato Vincenzo Calderoni, si è appellato: “Non ci sono prove. Il sangue del mio assistito sul letto del morto è solo la conseguenza di una xerosi cutanea, lui infatti era lì a dargli l’estrema unzione. Inoltre, la ricostruzione basata sull’ipotesi dello strangolamento non è veritiera in quanto non ci sono infiltrazioni emorragiche sull’osso ioide. Manca, infine, nella maniera più assoluta, il movente”. Lo stesso don Paolo Piccolo ha sofferto di depressione che lo ha portato anche all’abuso di sostanze alcoliche per un periodo.

L’Ufficio diocesano dell’Aquila ha svelato dopo la condanna: “Abbiamo appreso, con grande tristezza, la notizia della pesante condanna inflitta a don Paolo Piccoli. È stata anche resa nota la volontà sua di ricorrere in appello. Manifestiamo profondo rispetto per il verdetto espresso dalla Corte d’Assise di Trieste, nella consapevolezza che – come sancito dal Codice civile e da quello canonico – fino alla sentenza definitiva spetta all’imputato la presunzione di innocenza”.

Don Paolo Piccoli

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