Matteo Salvini, augurio: “Milioni di cristiani perseguitati, che il 2020 sia anno di pace”

Il leader della Lega Matteo Salvini inizia l’anno senza polemiche ma con l’intento di informare sulle persecuzioni che sono costretti a subire i cristiani.

Siamo abituati a vedere un Matteo Salvini battagliero, pronto ad attaccare gli avversari politici su tematiche scottanti, ma in questo inizio anno il leader della Lega si concede un periodo di pausa dal lavoro politico per fare riflettere i propri contatti su una tematica socio politica importante. L’ex ministro dell’Interno, infatti, snocciola su Facebook alcuni dati riguardati le persecuzioni ai danni delle persone di fede cristiana nel mondo.

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I dati a cui fa riferimento il numero 1 del Carroccio sono quelli relativi al 2018 ed in effetti non solo fanno riflettere, ma sono impressionanti: “245 milioni di Cristiani perseguitati nel mondo, 73 Paesi che perseguitano chi si professa Cristiano, 4.305 donne e uomini uccisi nel 2018 solo perché Cristiani“.

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Matteo Salvini, si augura un 2020 di pace e tolleranza

Nel prosieguo del post, Salvini lancia una piccola accusa alle televisioni ed al sistema mediatico che non parla a sufficienza delle sofferenze dei cristiani nel mondo: “Una strage incredibile, nel silenzio di tutti i giornali e le tivù, o quasi”. La frase ricorda un tormentone dei grillini prima dell’elezione al governo, anche perché questi dati sono stati condivisi dai giornali e dalle televisioni quando sono usciti. Inoltre ogni qualvolta si verifica un attentato ai danni di una singola persona o di un gruppo di cristiani, i media seguono l’accaduto e lo riportano.

L’intento del politico è quello di offrire uno spunto per un augurio in vista di questo nuovo anno. Il post infatti si conclude con una speranza: “Che il 2020 porti nel mondo pace, tolleranza, reciprocità e rispetto”. Un augurio che ci sentiamo di condividere e che speriamo possa divenire realtà anche in un Italia dove si verificano con cadenza sempre più frequente episodi di intolleranza e razzismo (come la madre insultata in ospedale).

 

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