Mamma morta nel Tevere con le gemelline, il medico: “Mi sento in colpa”

Ad un anno di distanza dalla tragica morte della mamma e delle gemelline nel Tevere, il medico che l’ha aiutata a partorire parla dell’accaduto.

Lo scorso dicembre Pina si è alzata dal letto nelle prime ore del mattino. Facendo attenzione a non svegliare il marito, la donna ha preso dalla culla Sara e Benedetta, le due gemelline nate premature. Senza pensarci oltre si è poi diretta verso il lungo Tevere e vi si è gettata con in braccio le due figlie. A segnalare il pericolo di un gesto estremo era stato il marito. Qualche ora più tardi è arrivata la conferma al terrificante presentimento quando è stato ritrovato il corpo senza vita di Pina. Per giorni e settimane sono stati cercati i corpi delle due neonate ma senza risultati.

La notizia di cronaca nera ha scosso l’intera cittadinanza di Roma che a settimane di distanza dall’accaduto ha voluto celebrare il ricordo delle piccole lasciando andare in cielo centinaia di palloncini bianchi. A lungo si è cercato di capire le motivazioni che hanno spinto la donna a compiere un simile gesto, sicuramente di base c’era una fragilità psicologica ed il timore che le figlie crescessero con problemi gravi di salute.

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Mamma morta nel Tevere con le gemelline, il medico: “Mi sento in colpa, ma di più non potevamo fare”

Ecco dove potrebbero essere le gemelleIntervistato dal ‘Corriere‘ un anno dopo l’accaduto, il dottor Vento spiega come l’accaduto lo abbia segnato: “Mi porto dietro sensi di colpa anche se più di così per lei non avremmo potuto fare”. Lui e gli altri medici dello staff avevano dovuto avvertire la donna delle possibili problematiche che avrebbero dovuto patire le figlie. Dopo avevano allertato gli psicologi del rischio che Pina potesse accusare il colpo: “Noi neonatologi, fin dalla nascita delle gemelline, avevamo però allertato gli psicologi perché Pina nel parto aveva perso un terzo gemello e ne era uscita scossa. Però non aveva voluto ricorrere al sostegno offerto”.

Nonostante avessero avuto quella sensazione, li aveva tranquillizzati il parere degli psichiatri. Dopo l’accaduto tutto il personale ha compreso che bisognava attrezzarsi meglio per dare assistenza alle famiglie: “Abbiamo fatto tutto ciò che era possibile allora. Però questa storia dolorosissima ci ha insegnato che non basta, che dobbiamo fare e dare di più ai genitori dei neonati prematuri in termini di vicinanza e condivisione. Il nostro impegno non deve esaurirsi nell’assistenza ai bambini, deve andare oltre e focalizzarsi sul gruppo familiare”.

Video mostra gli ultimi istanti di vita

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