Stefano Cucchi processo | il padre prova sollievo “dopo anni in trincea” | Le condanne

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Stefano Cucchi processo FOTO Facebook

Vicenda Stefano Cucchi processo, parla il padre del giovane. “Dopo anni di trincea possiamo tornare a sperare nella giustizia”.

C’è sollievo nella voce del padre di Stefano Cucchi: il processo bis si è chiuso con la sentenza emessa ieri, che ha portato a delle condanne anche importanti tra gli imputati accusati di avere ucciso suo figlio nell’ottobre del 2009. La data del decesso è il 22, sette giorni dopo che il 31enne geometra venne fermato con della droga. L’iniziale percorso giudiziario portò all’incriminazione di tre medici per omicidio colposo, pena poi caduta in prescrizione in un processo bis ordinato nel 2015. La vera svolta si è avuta un anno fa, quando ad ottobre 2018 un carabiniere ammise il pestaggio ai danni di Cucchi. Tesi questa che in tribunale non era stata ritenuta ammissibile, nonostante le prove evidenti di segni di violenza sul corpo di Stefano, come ben visibile dalle foto diffuse fin dal primo momento dalla sua famiglia. Giovanni Cucchi, intervistato dal Corriere della Sera, dice che lui, la moglie Rita e la figlia Ilaria hanno sempre dovuto lottare in un tam tam mediatico.

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Stefano Cucchi processo, le parole del padre

“Finalmente tutto questo finirà e rimarremo da soli con mio figlio. Ogni giorno realizzo quanto mi manchi, e dopo la sentenza di adesso avverto un leggero sollievo. Finalmente avremo un pò di pace e potremo ricominciare ad avere fiducia nella giustizia. Quanto vissuto in questi anni mi ha insegnato che la verità processuale è diversa da quella effettiva. Per la prima occorrono le prove. Sui tre medici non più imputabili per prescrizione mi viene solo da dire che è inconcepibile venire a conoscenza di un infermiere che non sa manovrare un catetere. Dopo il primo processo, chiuso con l’assoluzione degli agenti penitenziari e nessun colpevole (per i giudici la morte fu imputabile a “malnutrizione”, n.d.r.) mi sentii impietrito.

Le condanne: 12 anni a due carabinieri

Quel giorno lo ricordo bene, ebbi la sensazione che qualcosa dentro di me si fosse rotto. Mia figlia però disse che avevamo vinto di fronte al’opinione pubblica. Fu un calvario lungo, ma le parole dell’allora presidente del Senato, Pietro Grasso, furono di aiuto. ‘Chi sa parli’, disse. Da lì qualcosa è cambiato. I giudici di adesso hanno avuto il coraggio di riscattare la giustizia”. Due carabinieri ritenuti autori del pestaggio sono stati condannati a 12 anni per omicidio preterintenzionale, 3 anni e 8 mesi per il comandante della stazione dove venne portato il giovane.

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