Bossetti dal carcere: “Non ho ucciso Yara, non sono un mostro, sono io la vittima”

Massimo BossettiMassimo Bossetti continua a gridare al mondo la sua innocenza: di recente ha inviato una lettera a Libero in cui chiede solidarietà e aiuto a Feltri.

Il processo ai danni di Massimo Bossetti, muratore di Mapello accusato dell’uccisione di Yara Gambirasio, si è concluso con la condanna all’ergastolo. In tutti questi anni l’uomo non ha mai confessato di aver ucciso la ragazzina ed anzi ha cercato in tutti i modi di professare la propria innocenza. A suo avviso le prove in possesso delle forze dell’ordine sarebbero state falsate e persino la prova del Dna che lo incastra andrebbe rifatta.

In seguito alla sentenza definitiva, Bossetti ha mantenuto un profilo basso e per un periodo non ha più rilasciato dichiarazioni. Il silenzio, però, non era sintomo di rassegnazione, bensì una cura necessaria per accettare l’idea che potrebbe rimanere in carcere a vita. Idea, però, a cui il muratore non si vuole rassegnare. Il mese scorso la richiesta di revisione del processo è stata rigettata dalla Corte Europea, negandogli di fatto l’ultima possibilità. Di recente, dunque, Bossetti ha inviato una lettera a Libero, dove chiede a Vittorio Feltri di tendergli una mano e aiutarlo a dimostrare la propria innocenza.

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Bossetti scrive a Libero: “Non ho ucciso Yara, sono una vittima”

Nella lettera invitata a ‘Libero’, Bossetti spiega di voler chiedere l’aiuto di Feltri già da diverso tempo. L’uomo condannato per l’omicidio di Yara Gambirasio, poi ribadisce la propria estraneità al crimine: “Io Direttore, non sono né l’ assassino della povera Jara, né il mostro che i media e i social hanno dipinto. Sono un uomo normale, semplice che pensava al lavoro e a non far mancare nulla alla propria famiglia”.

Nello scritto Bossetti sottolinea come a suo avviso abbia subito un torto enorme: “Non voglio entrare in questa lettera nei dettagli, però non posso fare a meno di dire che il trattamento che la giustizia italiana mi ha riservato è stato scorretto e ha calpestato ogni diritto alla difesa, e mi riferisco anche a quell’ ex ministro dell’ Interno incapace, che gridava al mondo che era stato preso l’ assassino di Jara, calpestando la Costituzione”.

Ritiene inoltre che nemmeno gli inquirenti avessero la certezza della sua colpevolezza: “mi pressavano a confessare in continuazione un delitto proponendomi benefici. Come potevo confessare un delitto che non ho commesso? La P.M. più volte ha provato a propormi benefici, se erano così sicuri di aver preso l’ assassino, non li proponevano con insistenza, né benefici e tanto meno facevano produrre filmati manipolati da distribuire ai media”.

La lettera si conclude con una vera e propria richiesta d’aiuto rivolta a Vittorio Feltri: “Direttore, La prego di porgermi la Sua mano d’aiuto, non è giusto essere dipinto un mostro, non è giusto che mi abbiano affibbiato un ergastolo, non è giusto che venga commesso un errore giudiziario, per l’incapacità professionale. Confido che Lei possa capire cosa ho e sto provando. Gentile Direttore, La prego di prendere in considerazione la mia richiesta d’ aiuto, restando a sua completa disposizione per ulteriori chiarimenti”.

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