Fine Vita, Deborah malata di Sla: “Assurdo dover scegliere tra la vita e la morte”

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Il dibattito sul fine vita crea molte polemiche – FOTO: facebook

Deborah Giovanati è una rappresentante politica locale di Milano affetta da Sla. La sua lunga lettera sul fine vita deve far riflettere.

Si sta molto parlando della delibera sul fine vita deliberato dalla Corte Costituzionale. Per i giudici, l’aiuto al suicidio assistito in alcuni casi è da ritenere lecito. In questa discussione molto accesa, che ha provocato la reazione verbale forte da parte della Chiesa, interviene anche Deborah Giovanati. Lei è vicepresidente e assessore del Municipio nove del Comune di Milano. Madre di tre bambini, la Giovanati è affetti da Sla, la sclerosi multipla. La donna ha indirizzato una lettera al quotidiano ‘La Verità’, in cui invoca una possibilità diversa da quella di dover scegliere tra il vivere ed il morire. E di come, ad ogni modo, lei preferisca in assoluto la prima opzione. Una posizione condivisa anche da padre Maurizio Patriciello, il parroco che ha officiato i funerali di Nadia Toffa e che ha ribadito come la giornalista de ‘Le Iene’ mai abbia pensato di richiedere l’eutanasia. 

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Fine vita, la lettera straziane di Deborah

Deborah scrive a ‘La Verità’ quanto segue. “Sono una donna, moglie e mamma di tre bambini. Ho 36 anni. Ho la sclerosi multipla. Una situazione irreversibile, come dice la Corte costituzionale nel testo con cui i giudici dichiarano non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio. La mia è una malattia fonte di sofferenze fisiche o psicologiche ritenute intollerabili. Qualcuno può dire il contrario? Attualmente ho ancora piena capacità di intendere e di volere e di agire. Rivesto anche una carica politica, essendo vicepresidente e assessore all’Educazione e Welfare del Municipio 9 di Milano.
Da oggi mi posso recare in un qualsiasi ospedale del servizio sanitario nazionale e chiedere la morte. Sì, la morte, magari smettendo di mangiare e bere o rifiutando cibo dalla mensa dell’ ospedale, e con una bella sedazione profonda aspettare il sonno eterno. Chi me lo potrebbe impedire?

“Io voglio vivere, cercate una soluzione”

La vita è mia e me la gestisco io, a spese dello Stato, sia chiaro. Poi certo, è più economico per i contribuenti pagare del personale che si presti dentro procedure standardizzate e legali ad agevolare i miei propositi di suicidio, piuttosto che continuare a sostenere il costo delle cure per la mia malattia irreversibile per chissà ancora quanti altri anni. È una ironia amara la mia, su cui c’è poco da scherzare. E mi scendono le lacrime, perché chi soffre per una patologia irreversibile non ha bisogno di essere messo di fronte a una scelta secca. Optare per la morte come via di soluzione dei problemi o prolungare nel tempo sofferenze fisiche e patologiche intollerabili. Non è così. Noi vogliamo la vita! La vita amata fino alla fine. Ricercate soluzioni perché io possa soffrire di meno, ricercate cure per la mia patologia, ma non abbandonate le persone come me davanti alla opzione di continuare a vivere una sofferenza ritenuta senza senso o scegliere di morire”.

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