Tommaso Buscetta, chi è: storia, omicidi e pentimento del boss dei due mondi

Tommaso Buscetta, detto anche il boss dei due mondi e don Masino, è stato il primo grande pentito della mafia siciliana. Ecco tutto quel che c’è da sapere sul suo conto. 

Chi dice Tommaso Buscetta dice Cosa nostra. Il boss dei due mondi, o don Masino, è stato un esponente di massimo livello all’interno dell’organizzazione mafiosa e, dopo l’arresto, collaboratore di giustizia durante le inchieste coordinate dal magistrato Giovanni Falcone. Le sue rivelazioni permisero una ricostruzione giudiziaria dell’organizzazione e della mafia siciliana. Conosciamolo più da vicino.

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L’identikit di Tommaso Buscetta

Tommaso Buscetta nasce a Palermo il 13 luglio 1928 in una famiglia poverissima: madre casalinga, padre vetraio, è l’ultimo di 17 figli. Durante l’adolescenza intraprende una serie di attività illegali nel mercato nero – dal furto di generi alimentari alla falsificazione delle tessere per il razionamento della farina – e nel 1945 viene affiliato a Costa nostra, entrando a far parte del mandamento palermitano di Porta Nuova e guadagnandosi così una certa fama e il soprannome don Masino, in segno di rispetto. Sempre nel 1945, a soli 17 anni, si sposa con Melchiorra Cavallaro, dalla quale ha quattro figli: Felicia (1946), Benedetto (1948), Domenico e Antonio (questi ultimi furono vittime della lupara bianca nel corso della Seconda guerra di mafia). Nel corso della sua vita Buscetta si sposerà tre volte e metterà al mondo otto figli.

Nel 1949 Buscetta si trasferisce in Argentina e poi in Brasile, dove apre una vetreria, ma l’attività riscuote scarso successo e nel 1956 è costretto a tornare a Palermo, dove si associa a Angelo La Barbera e Salvatore “Cicchiteddu” Greco insieme ai mafiosi Antonino Sorci, Pietro Davì e Gaetano Badalamenti, occupandosi del contrabbando di sigarette e stupefacenti e diventando un pericoloso killer. Nel 1958 viene arrestato per contrabbando di sigarette e associazione a delinquere, e così pure nel gennaio 1959. Nel 1962, dopo lo scoppio della cosiddetta “prima guerra di mafia”, Buscetta si schiera con Angelo La Barbera, ma poi passa al gruppo di Salvatore “Cicchiteddu” Greco, pur restando nell’ombra per paura di rimetterci la pelle. Nel 1963 scampa a un agguato a Milano, ma viene arrestato mentre è ricoverato in un ospedale: la polizia lo indica come il principale killer e sodale dei boss Pietro Torretta e Michele Cavataio, e co-responsabile della strage di Ciaculli, in cui morirono sette poliziotti (lui invece negò sempre qualsiasi coinvolgimento).

E’ a quel punto che Buscetta fugge in Svizzera, Messico, Canada e infine negli Stati Uniti d’America, dove apre una pizzeria. Nel dicembre 1968, però, viene condannato in contumacia a dieci anni di carcere per associazione a delinquere nel processo svoltosi a Catanzaro contro i protagonisti della prima guerra di mafia (e contemporaneamente assolto per insufficienza di prove per le imputazioni relative alla strage di Ciaculli). Arrestato nuovamente a Brooklyn e subito rilasciato dietro pagamento di una cauzione di 40.000 dollari, il Nostro decide di trasferirsi in Brasile, dove dà inizio a un traffico di eroina e cocaina verso il Nordamerica, creando un apposito sistema di trasporto aereo e una compagnia di taxi dove poter reinvestire il denaro frutto del traffico di stupefacenti, il tutto sotto falsa identità (con tanto di operazione di chirurgia plastica per rendersi irriconoscibile).

La Polizia brasiliana lo arresta il 2 novembre 1972. Dopo l’estradizione in Italia, Buscetta viene rinchiuso a Palermo nel carcere dell’Ucciardone e condannato a dieci anni di reclusione (ridotti a otto in appello) per traffico di stupefacenti. Nel suo deposito blindato in Brasile viene rinvenuto un quantitativo di eroina pura del valore di 25 miliardi di lire dell’epoca. Trasferito nel carcere piemontese delle Nuove nel 1980, Buscetta ottiene la semilibertà e riesce a evadere, nascondendosi nella villa dell’esattore Nino Salvo, sotto la protezione dei boss Stefano Bontate e Salvatore Inzerillo, che lo volevano convincere a schierarsi dalla loro parte per uccidere l’avversario Salvatore Riina. Nel gennaio 1981 Buscetta torna in Brasile e si sottopone a un nuovo intervento di chirurgia plastica e a un intervento per modificare la voce.

Durante la Seconda guerra di mafia lo schieramento vincente dei Corleonesi, guidato da Riina, decide di eliminare Buscetta e mette in atto vendette trasversali contro i suoi parenti: tra il 1982 e il 1984 due figli del boss scompaiono per non essere mai più ritrovati, e vengono uccisi un fratello, un genero, un cognato e quattro nipoti. Alla fine della guerra i parenti morti di Buscetta saranno in tutto undici. Il Nostro elabora un piano per vendicarsi di chi ha sterminato la sua famiglia, ma fallisce, e il 23 ottobre 1983 viene arrestato a San Paolo in Brasile mentre era in compagnia di Leonardo Badalamenti, figlio del boss Gaetano.

Nel 1984 i giudici Giovanni Falcone e Vincenzo Geraci si recano da lui invitandolo a collaborare con la giustizia: Buscetta rifiuta e lo Stato italiano ne chiede allora l’estradizione. Quando quest’ultima viene concessa, don Masino tenta il suicidio ingerendo della stricnina, ma viene salvato e, una volta giunto in Italia, decide di collaborare, cominciando a rivelare organigrammi e piani della mafia (fino a quel momento del tutto ignoti). Per tale motivo è considerato uno dei primi pentiti della storia, dopo Leonardo Vitale. Cosa nostra, a suo dire, aveva perso la sua identità.

Buscetta si rifiuta però di parlare con Falcone dei legami politici di Cosa nostra: a suo parere lo Stato non è pronto per dichiarazioni di quella portata. Nel 1984 viene estradato negli Stati Uniti dove riceve dal governo una nuova identità, la cittadinanza statunitense e la libertà vigilata in cambio di nuove rivelazioni contro Cosa nostra americana, testimoniando in diversi processi chiave. E’ solo nell’estate del 1992, dopo gli attentati in cui perdono la vita Falcone e Paolo Borsellino, Buscetta inizia a parlare dei legami politici di Cosa nostra, accusando gli onorevoli Salvo Lima (ucciso qualche mese prima) e Giulio Andreotti di essere i principali referenti politici dell’organizzazione. In seguito diventa quindi uno dei principali testimoni dei processi a carico di Andreotti per associazione mafiosa e per l’omicidio Pecorelli.

Dopo aver fatto molto parlare di sé per una crociera nel Mediterraneo, e per un libro-intervista di Saverio Lodato (Mondadori, 1999) nel quale esprime il suo disappunto per la mancata distruzione di Cosa nostra da parte dello Stato, Buscetta muore di cancro nel 2000 all’età di 71 anni. Nelle scorse settimane la sua figura è tornata sotto ai riflettori per via del film Il traditore (2019), diretto da Marco Bellocchio e interpretato da Pierfrancesco Favino, in concorso alla 72ª edizione del Festival di Cannes 2019. Lo stesso Buscetta compare anche (ma come personaggio secondario) nella serie televisiva La mafia uccide solo d’estate.

EDS

 

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