Fattura Elettronica 2019: che cos’è, cosa dovete sapere e chiedere al commercialista

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Fattura Elettronica 2019: che cos’è, cosa dovete sapere e chiedere al commercialista. La confusione è ancora molta e i punti critici di questa novità sono molteplici. Cerchiamo di capire meglio di cosa si tratta. 

Il 1° gennaio 2019 entrerà in vigore la tanto discussa fattura elettronica tra privati, in alternativa a quella cartacea. La direttiva UE 2006/112/UE afferma infatti che “gli Stati membri accettano come fattura ogni documento o messaggio cartaceo o elettronico che soddisfa le condizioni stabilite dal presente capo”. In buona sostanza, l’Ue non ha obbligato gli Stati a utilizzare la fattura elettronica come esclusiva, ma ha previsto che gli stessi adottassero il doppio regime. L’Italia però ha voluto strafare nella mira di recuperare denaro dall’evasione, imponendo la fatturazione elettronica come esclusiva, salvo una richiesta di deroga all’Ue, concessa con decisione esecutiva 2018/593 del 16 aprile 2018.

Le criticità della fatturazione elettronica

La fatturazione elettronica presenta diverse criticità, molte delle quali sono state messe in risalto dalle associazioni di categoria. Uno degli aspetti cruciali riguarda il venir meno del rapporto diretto tra emittente e destinatario, poiché l’emissione viene intermediata dal sistema di interscambio (Sdi). Il che implica una serie di obblighi, i quali potrebbero generare responsabilità patrimoniali e persino disciplinari (nel caso di liberi professionisti iscritti a un albo) a carico dell’emittente nella ipotesi in cui il destinatario non abbia un indirizzo Pec o un codice univoco (che non sono obbligatori).

La normativa che introduce l’obbligatorietà della fatturazione elettronica per tutti gli operatori commerciali prevede infatti che l’emittente, nel caso in cui il destinatario non abbia un indirizzo Pec o un codice univoco, debba comunicare al destinatario che la fattura elettronica è disponibile nel portale dell’Agenzia delle Entrate. Se però il destinatario è un privato e non un imprenditore, deve anche trasmettergli la fattura cartacea. Se per una qualsiasi ragione l’emittente omette di rispettare l’obbligo di comunicazione, potrebbe esporsi a un’azione risarcitoria e, nel caso di un professionista iscritto all’albo, persino a un’eventuale azione disciplinare per mancato adempimento di un obbligo giuridico.

Inoltre, come rilevato lo scorso novembre dal Garante sulla Privacy, “la trasmissione e memorizzazione di un’ingente mole di dati non direttamente rilevanti ai fini fiscali, con conseguenze per la tutela della riservatezza, in particolare in merito alle strategie aziendali” crea particolari problemi di vulnerabilità sui dati delle persone che utilizzeranno la fattura elettronica. E ciò non solo perché questi dati (non strettamente necessari ai fini fiscali) verranno comunque trasmessi all’Agenzia delle Entrate, oltretutto in modo massivo e senza una specifica autorizzazione del destinatario, ma anche perché essi verranno messi a disposizione di intermediari che operano con più soggetti commerciali e che dunque potrebbero ricostruire agevolmente la filiera dei rapporti, incrociando i dati medesimi, non tutti strettamente attinenti ai profili meramente fiscali. Tanto più che i dati in questione non sono né criptati né trasmessi tramite sistemi sicuri.

Il danno e la beffa della nuova legge

Sta di fatto che la fatturazione elettronica non subirà ulteriori ritardi. Ecco perché gli operatori interessati, a partire dai medici e dalle farmacie, obbligati a utilizzarla a seconda della tipologia della prestazione, sono in “fibrillazione”. Se infatti è vero che la normativa esclude dall’obbligo chi effettua uno scambio di merci o la prestazione di un servizio che comporta l’utilizzo del flusso dei dati tramite tessera sanitaria, va considerato che i soggetti interessati non sempre effettuano operazioni con il flusso dei dati della tessera sanitaria (è il caso di un medico che rilasci un consulto professionale a un altro medico, o di una farmacia che vende un prodotto da banco che non richiede il passaggio della tessera sanitaria). Per costoro si pone un problema di gestione particolarmente gravosa, che potrebbe essere in parte superata semplicemente adottando la fattura elettronica anche per le prestazioni per le quali non vi è l’obbligo.

A ciò si aggiunga che l’utilizzo obbligatorio secco dal 1° gennaio 2019 impone ai destinatari costi organizzativi non indifferenti: riadattare il proprio ciclo di fatturazione, aggiornare i sistemi e affrontare gli aggiornamenti professionali necessari per poter gestire il formato elettronico comporta evidenti sacrifici economici e organizzativi, in un contesto economico che non è certo favorevole. Costi che non saranno temporanei, ma costanti nel tempo, soprattutto qualora si intenda utilizzare un servizio delegato (a pagamento) per gestire il flusso dei dati e per conservare la fattura. Anche il processo conservativo deve infatti avvenire elettronicamente, in un contesto nel quale il documento informatico non possa essere modificato e sia sempre disponibile e leggibile. Dunque si dovrà ricorrere a servizi commerciali a pagamento del settore (o a quello offerto dall’Agenzia delle Entrate).

Infine, suona come una beffa il termine ultimo in cui è possibile adottare il sistema esclusivo della fatturazione elettronica, fissato al 31 gennaio 2021. Il regime esclusivo è infatti sperimentale e scade nel 2021: se l’Italia non riuscisse a motivare adeguatamente il successo della sperimentazione, dovrà ripristinare il doppio binario e le imprese che si sono sobbarcate i costi della fatturazione esclusiva potranno nuovamente optare per la fatturazione tradizionale (con buona pace delle somme investite per il sistema elettronico).

EDS

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