Martina si risveglia dal coma: oggi ha coronato un suo sogno

(Websource / archivio)

E’ diventata infermiera nel reparto dove si è svegliata dopo un mese di coma. “Tutto è possibile, sono la prova – dice – . Non ho mai perso la voglia di reagire e ho avuto ragione”. 

Dieci anni fa il drammatico incidente in auto che le ha cambiò la vita, seguito da un mese di coma e da una lunga e difficile riabilitazione. Martina Giannone, 27 anni, fu salva per miracolo: il compagno di liceo al suo fianco morì sul colpo, altri due rimasero gravemente feriti. “Fui ricoverata in rianimazione a Palermo – racconta – . Dell’incidente e della rianimazione non ricordo nulla, buio totale. Raccontano che dopo 28 giorni davo segni di ripresa, così venni trasferita a Cefalù. E qui mi sono risvegliata vedendo per la prima volta le lacrime di mia madre”.

Una lezione di coraggio e speranza

“Al risveglio ero tracheotomizzata e con metà del corpo paralizzato”, ricorda ancora Martina. Ma non ha mai perso la voglia di reagire e i fatti le hanno dato ragione: si è diplomata e poi laureata in Scienze infermieristiche, quindi ha superato le selezioni per dei contratti a tempo determinato proprio nell’Unità Risveglio di Cefalù. “E dopo circa due anni di precariato a ottobre sono stata assunta a tempo indeterminato”. Un traguardo che la 27enne ha voluto celebrare facendosi tatuare sul braccio la scritta che campeggia all’ingresso del reparto: “Tutto è possibile a chi crede”. “È diventata la frase della mia vita – confessa – . Il faro che mi dice che non bisogna mai mollare”.

“Ho scelto io di lavorare in questo reparto perché voglio dare quello che ho ricevuto”, spiega Martina, ben consapevole che nell’”Unità risveglio” dell’ospedale Giglio di Cefalù non è un’infermiera come le altre. Ogni giorno vede pazienti che escono dal tunnel del coma, e proprio in virtù della sua esperienza riesce a instaurare un rapporto unico con i loro familiari, sempre in precario equilibrio tra disperazione e speranza. “Nella maggior parte dei casi ci arrivano ragazzi giovanissimi ed è straziante affrontare i genitori – confessa – . Come infermieri dovremmo essere professionali ma io vado sempre oltre le parole di circostanza. Molte famiglie inizialmente reagiscono con perplessità, poi trovano conforto nel sapere che la mia storia è la dimostrazione concreta che c’è sempre una speranza…”.

EDS

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