Donna incinta viene lasciata morire per sepsi, per i medici non era grave

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(iStock)

Donna incinta viene lasciata morire per sepsi, per i medici non era grave. 

Una donna incinta di 15 settimane si è sentita male in un reparto di ostetricia e ginecologia ed a seguito dell’operazione è morta di sepsi. Le indagini, però, hanno portato alla luce che, nonostante le sue condizioni fossero critiche, i medici non hanno rispettato l’urgenza che un caso come quello richiedeva. La donna, infatti, aveva febbre alta e dolori fortissimi. I dottori, però, passandosi la consegna della cartella della paziente reciprocamente, non sono intervenuti sul caso in tempo per salvarle la vita.

L’inchiesta ha portato alla luce che i medici volevano evitare che la donna abortisse

L’inchiesta condotta sulla vicenda sta appurando se, come è probabile, sia stata proprio la causa dell’operazione a creare questo rimando di responsabilità. Reeta Saidha, 38 anni, infatti era ricoverata nel reparto di ostetricia e ginecologia all’Ospedale di Basildon quando ha iniziato a sentirsi male e la dottoressa di turno Amita Sahare, nonostante la paziente avesse la febbre alta, ha deciso di visitarla molte ore dopo che il malessere si era già ampiamente palesato. La dottoressa ha, quindi, visitato la paziente quando ormai il processo di sepsi era già in atto e divenuto ingestibile. L’ex coroner dell’Essex Caroline, Beasley-Murray, ha chiesto alla dottoressa Sahare se il passaggio di consegne fosse stato fatto nel modo adeguato: “Lei afferma che non l’ha considerato Reeta Saidha un caso urgente perchè presentatole alle 8 di sera?”. Alla domanda del coroner la dottoressa Sahare si è giustificata affermando che si era avvalsa del passaggio di consegne per dare priorità alle sue attività primarie all’interno del reparto. “Non sono stata informata dell’urgenza di vedere la signore Saidha”, ha affermato poi la dottoressa ricordando che il suo reparto era in quel momento molto affollato e che non avrebbe potuto vedere Reeta Saidha prima delle 23.15 anche volendolo fare. Eppure la paziente lamentava oltre che febbre alta dei dolori lancinanti all’addome ed al petto. La diagnosi di sepsi è avvenuta alle 13:15 del giorno successivo, molto dopo che avesse inizio e gli avvocati della famiglia di Reeta Saidha hanno riferito che le mancanze riservatele si devono probabilmente al motivo della sua presenza nel reparto. I medici, infatti, le avevano assicurato che il feto non sarebbe sopravvissuto e che il suo corpo lo avrebbe espulso naturalmente ma la diagnosi di sepsi ha sconvolto questo quadro clinico e la paziente è stata portata in sala operatoria quando l’infezione era già al suo apice, condannando Reeta alla morte.

Marta Colanera

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