A processo il figlio del terrorista rosso che insultò Salvini

A processo il figlio del terrorista rosso che insultò Salvini
(Getty Images)

Ieri è iniziato il procedimento a carico di Valerio Ferrandi, giovane antagonista milanese che giorno 25 aprile 2016 ha risposto duramente a Salvini su Facebook chiedendogli di “Spararsi in bocca”.

In occasione della Festa della Liberazione del 2016, l’attuale ministro dell’Interno Matteo Salvini pubblicò un post contro Renzi, gli altri esponenti del PD ed il Presidente della Repubblica Mattarella che avevano preso parte alla festa, scrivendo: “Renzi, Boldrini e Mattarella in piazza per il 25 aprile. Ipocriti. Sfruttando il sacrificio di chi diede la vita per cacciare dall’Italia l’occupante straniero nel nome della Libertà, oggi sono complici e finanziatori di una nuova e violenta occupazione straniera, servi di una Unione Europea che ci sta rubando lavoro, diritti, sicurezza e speranza nel futuro”.

A quella provocazione non aveva saputo resistere Ferrandi, figlio di quel Mario Ferrandi che uccise il vicebrigadiere Antonino Custrà nel 1977, che attraverso il profilo fake ‘Frederic Dubarre‘ rispose in questo modo al leader del carroccio: “Salvini, in nome della bellezza e dell’intelligenza. Fai un gesto nobile. Sparati in bocca. Ps: prima o poi verrai appeso a un lampione, ne sei consapevole”. Immediata la reazione di Salvini che accusò l’utente di diffamazione e minacce all’incolumità fisica. Oggi è iniziato il processo a suo carico, nonostante un tentativo di archiviazione del caso richiesto dal pm Enrico Pavone.

Processo ai danni del figlio di Ferrandi per offese gravi minacce a Salvini

Alla richiesta di archiviazione delle imputazioni a carico del ragazzo si è opposto fermamente Matteo Salvini che si è costituito parte civile ed ha chiesto un risarcimento di 20 mila euro per diffamazione e minacce gravi alla sua persona. Il giudice oggi ha ammesso il Ministro dell’Interno come parte civile, ma ha escluso che anche la Lega potesse essere ammessa. Salvini verrà ascoltato il prossimo 30 gennaio, intanto l’imputato all’uscita dall’aula di Tribunale ha dichiarato: “In una giornata sacra come il 25 aprile il signor Salvini dovrebbe evitare le consuete provocazioni. La mia non era una minaccia ma un invito a studiare la storia per evitare che si ripeta”.

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