Sgarbi e Sallusti condannati per diffamazione ai danni del pm Di Matteo

Sgarbi e Sallusti condannati per diffamazione ai danni del pm Di MatteoVittorio Sgarbi è stato condannato per diffamazione ai danni del pm Di Matteo. Alessandro Sallusti, direttore de ‘Il Giornale’, è stato invece condannato per omesso controllo.

Il giudice del Tribunale di Monza Bianchetti ha condannato Vittorio Sgarbi a 6 mesi di carcere per aver diffamato per mezzo stampa, attraverso un articolo pubblicato su ‘Il Giornale, il pm Di Nino Di Matteo. L’articolo in questione è stato pubblicato il 2 gennaio del 2014 sulla rubrica ‘Sgarbi Quotidiani‘. Il direttore de ‘Il Giornale’ Alessandro Sallusti è stato condannato a 3 mesi di carcere per omesso controllo sul pezzo di Sgarbi. Per entrambi la pena è stata sospesa.

Vittorio Sgarbi condannato per diffamazione: l’articolo contro il magistrato Di Matteo

Nell’articolo del 2 gennaio 2014, Vittorio Sgarbi sottotitolava il pezzo contro il magistrato: “Quando la mafia si combatte solo a parole”. Già da questa frase era intuibile l’accusa di una presunta collusione di Nino Di Matteo con l’allora boss di Cosa Nostra Totò Riina. L’accusa, anticipata dal sottotitolo del pezzo, veniva poi esplicitata all’interno del testo con il critico d’arte che accusava Di Matteo di “Complicità con Riina” e di aver ottenuto “Popolarità attraverso Riina”.

Immediata la querela dell’allora pm del Tribunale di Palermo, attualmente sostituto procuratore della Direzione Nazionale Antimafia, il quale all’epoca dei fatti aveva poi dichiarato: “Dopo la pubblicazione successiva al deposito processuale delle intercettazioni di numerose conversazioni nelle quali Riina ripetutamente si riferisce alla mia persona anche manifestando la sua volontà di uccidermi paradossalmente è iniziata quella che ritengo una vera e propria campagna di stampa che, partendo dal chiaro travisamento dei fatti, tende ad accreditare versioni che mi indicano quale autore di condotte e comportamenti che non ho mai tenuto”.

Le frasi contenute nell’articolo sono state ritenute gravemente diffamatorie dal giudice Bianchetti, anche perché non suffragate da prove che ne dimostrassero le accuse pesantissime di collusione. Questo ha portato alla sentenza di condanna ufficializzata questa mattina.

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