Terrorismo: turisti come nuovo obiettivo dell’ISIS

Controlli anti terrorismo davanti a Notre Dame, Parigi (ALAIN JOCARD/AFP/Getty Images)

Si parla molto di attentati terroristici di matrice islamica. Ogni volta che, purtroppo, un folle decide di combattere la sua Guerra Santa uccidendo in modo disordinato e casuale degli innocenti, i media si scatenano e iniziano il macabro racconto e le altrettanto tragiche analisi a riguardo. Jason Burke, giornalista del The Guardian dopo l’attentato a Barcellona del 18 agosto ha scritto un lungo articolo spiegando le tre, tristi, lezioni, che abbiamo imparato dopo l’ennesimo furgone che si è scagliato sulla folla di turisti e cittadini nel cuore della Ramblas.

Senza entrare nel merito delle considerazioni politiche o del lavoro, più o meno funzionale dell’intelligence spagnola e della polizia locale, Jason Burke punta l’attenzione sul fatto che oggi i turisti sono diventati bersagli dell’Isis. Noleggiare un furgone o un’auto, come giustamente fa notare Burke, non richiede particolari requisiti e questa tipologia di attentati va a colpire tutti, soprattutto i turisti.

Nessuna discriminazione quindi nella scelta degli obiettivi da seguire. Se l’11 settembre, l’attacco alle Torri Gemelle aveva colpito alcuni punti cardine del mondo politico e militare degli Stati Uniti e l’attacco alla Spagna nel 2004 voleva minare il sostegno spagnolo all’intervento militare in Iraq, ora non è più così. L’Isis ha ampliato il suo raggio d’azione colpendo tutti: chi ascolta musica a Parigi, chi passeggia sul ponte di Westminster, chi partecipa a una festa a Nizza e chi si gode il sole su una spiaggia in Tunisia. Ma non è una novità che i turisti siano presi di mira: ricordiamo nel 1997 i turisti a Luxor e quindi oggi, i turisti sembrano essere l’obiettivo principale dei terroristi nei loro attacchi sanguinosi. 

Cosa fare allora? Smettere di viaggiare? Smettere di essere turisti appassionati di culture diverse? Significherebbe smettere di essere noi stessi, esseri umani dotati di intelletto, amore e voglia di scoprire il mondo. Smettere di fare tutte quelle cose normali che si fanno, come viaggiare, sarebbe come ammettere la sconfitta, come cedere alla paura e al terrore. Siamo in guerra, anche se i media faticano a dirlo, è così. Siamo nel bel mezzo di un conflitto e abbiamo due scelte noi semplici esseri umani: combattere la paura con la vita o rinchiuderci nelle nostre case e mettere la testa sotto la sabbia.

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