‘I vegani possono tutto’. E muore mentre scala l’Everest

Getty Images
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L’Everest è la montagna per eccellenza. E’ la cima più alta del mondo, con i suoi 8848 metri ed è il punto da cui cambia totalmente la prospettiva sulla terra. Si trova al confine fra Cina e Nepal e molti arrivano alle sue pendici anche solo per poterla ammirare dal basso. Scalare l’Everest è infatti roba da professionisti: il freddo, le pendenze, l’aria rarefatta, i ghiacci, i mille pericoli rendono l’impresa adatta solo a pochissime e preparate persone.

Maria Strydom, 34 anni, alpinista esperta, professoressa americana e vegana voleva essere fra queste. Aveva già scalato il monte Denali in Alaska, l’Aconcagua nelle Ande argentine, l’Ararat in Turchia e il Kilimanjaro in Africa, Voleva salire anche sull’Everest per dimostrare a tutti che il regime alimentare che seguiva non era un limite. Ha iniziato la scalata al monte più alto del mondo assieme al marito, anche lui vegano, ma un ictus mentre si trovava al campo base IV l’ha stroncata. Anche il marito ha avuto seri problemi  fisici, si parla di edema polmonare, ma è sopravvissuto.

Maria Strydom voleva sfatare queste dicerie contro i vegani e infatti qualche mese fa, prima di iniziare a prepararsi per la sua fatale escursione sull’Everest, scrisse su Facebook: “Sembra che le persone abbiano questa idea distorta che i vegani siano sempre malnutriti e deboli: dimostrerò che non è così scalando la vetta più alta del mondo”.

L’americana è l’ennesima vittima dell’Everest in pochi giorni. Da aprile con il tempo buono sono ripartite le spedizioni e molti sono stati gli incidenti: finora quattro vittime. Si riapre così il dibattito sugli standard di sicurezza e sul fatto che serve un’immensa preparazione per poter resistere a altitudini così elevate. La montagna non perdona, mai.

 

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